mercoledì, maggio 17, 2006

La foto dell'anno - Premio "Press Photo Award" 2004

LO TSUMANI

Accade spesso di trovare nelle sale di attesa degli studi medici una serie di riviste, alcune delle quali di vecchia data ed è quello che mi è accaduto di recente allorchè mi sono dovuto recare dal mio dentista, senza aver fissato preventivamente il dovuto appuntamento, per una improvvisa nevralgia.
Ho dovuto attendere un bel po' di tempo e, dopo aver fissato alternativamente il soffitto ed il viso incupito di una persona che attendeva il suo turno, annoiato mi decisi di prendere la prima rivista che mi capitò sotto mano, alquanto sgualcita: era una edizione particolare perchè, fra le tante altre, pubblicava anche tutte fotografie partecipanti al premio "Press Photo Award".
La mia attenzione, da annioiata che era, fu subito catturata dalla foto che precede questo mio scritto, scattata dal fotografo indiano della Reuters, ARKO DATTA, raffigurante una donna, anch'essa indiana, miracolosamente scampata alla furia devastatrice dello tsumani, che, disperata, piange i suoi parenti vitteme incolpevoli di quel cataclisma.
Come non rimanere commossi alla vista della materializzazione di uno dei più angoscianti e crudeli sentimenti che in detrminate occasioni può albergare nell'animo umano: la disperazione ?
Ho tentato di riandare indietro nel tempo per ricordare a me stesso quel disastroso evento accaduto il 26 dicembre 2004 ma ho fatto fatica a rammentare, sia pure in via approssimativa, quanto meno i dati relativi al numero delle vittime; sia per me che per molti di noi il ricordo di questa tragedia è divenuto giorno dopo giorno un evento accantonato nell'anfratto più remoto della nostra memoria sebbene, devastazione dell'eco sistema a parte, i morti ed i dispersi furono più di 500.000!
Ritornato a casa decisi di documentarmi e sia attraverso una ricerca telematica che presso la biblioteca comunale sono riuscito a raccogliere i dati che mi interessavano ed a scoprire anche un qualcosa di stupefacente.
Tra morti e dispersi: 243.000 persone per l'Indonesia, 36.000 per lo Sri Lanka, 16.000 per la Thailandia ed 8.000 per l'India.
La reazione a livello mondiale fu immediata e verso questa "regione" vennero da più parti indirizzati molti soccorsi umanitari nonchè sovvenzioni in danaro, tra le quali anche molti fondi raccolti attraverso sottoscrizioni da parte di singoli cittadini: cifre alquanto sostanzione destinate alla ricostruzione.
Il tempo passa ed ai più lo tsunami viene oramai ricordato come un maledetto evento storico, specie da parte di quelli che avevano aderito ad una delle varie sottoscrizioni più per una sorta di rito liberatorio di colpe non commesse che per effettivo slancio di solidarietà verso popolazioni duramente colpite.
Ma, fortunatamente, c'è sempre qualcuno che fa a cercare il pelo nell'uovo, andando così a verificare se i fondi promessi fossero stati effettivamente inviati e, nell'affermativa, come e con quali criteri distribuiti; così vengono scoperti alcuni "altarini".
A seguito a questa indagine è stata elaborata una singolare statistica che ha evidenziato come un notevole flusso di denaro sia stato fatto confluire verso alcune nazioni per fini che con quello umanitario avevano ben poco da dividere.
Secondo l' "Office for Coordination of Humanitarian Affaires (Ocha) " delle Nazioni Unite, la cifra raccolta ammontava a circa 6 miliardi di dollari USA dei quali i 2/3, 4 miliardi di dollari, venne destinato indistintamente a tutte le "regioni " colpite mentre il rimanente, 1/3 pari a circa 2 miliardi, venne fatto confluire ai singoli Stati sulla base di percentuali rapportate al numero dei morti accertati.
In particolare, della somma di 4 miliardi di dollari USA, venne così distribuita:
  • il 69% all'Indonesia;
  • il 27% allo Sri Lanka;
  • il 4% alle altre nazioni colpite.
Dal criterio generale di distribuzione di cui sopra ebbero però a sottrarsi due nazioni, il Giappone e l'Australia, per precisi motivi così maliziosamente indicati dai ricercatori:
  • il Giappone, all'intera "regione"sinistrata ha devoluto solamente il 37% dei propri aiuti mentre il rimante più sostanzioso 63% ha preso la via delle Maldive; parrebbe che tale squilibrio sia stato determinato dall'intenzione del Paese donante di costituirsi un controllo strategico sull'intera zona maldiviana ritenuta nodo di estrema importanza per il tyrasporto del petrolio;
  • l'Australia solo il 6% all'intera "regione" colpita ed il rimanente 94% all'Indonesia; motivo, non propriamente tanto occulto ? Il tentativo di ricomporre le relazioni diplomatiche con l'Indonesia alquanto deteriorate in seguito all'intervento australiano a supporto del movimento di indipendenza di Timor Est nel 1999.
Ecco come degli aiuti definiti, per gli occhi della gente, come "umanitari" vanno poi alla fin fine a connotorsi come aiuti strategici "politicizzati"; quello che dispiace è che questa anomala suddivisione sia stata fatta valere anche per le somme raccolte attraverso le sottoscrizioni di singloi cittadini di quelle due nazioni.
Per quanto mi riguarda non posso che ringraziare quell'improvvisa nevralgia senza la quale ancor oggi avrei creduto nell'esistenza della Befana.

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