domenica, agosto 06, 2006

Trofeo "Faccia de palta" - I^ puntata


EL CANTASTORI - BARBAPEDANA

TROFEO MENSILE
“ F A C C I A de P A L T A ”


La partecipazione al concorso, completamente gratuita, è aperta a tutte quei personaggi politici e non che in corso di interviste o con precisi comportamenti l’hanno sparata o fatta proprio “grossa”.

Si accettano suggerimenti, segnalazioni e votazioni da parte dei lettori.

Quali primi partecipanti d’ufficio, non avendo ancora ricevuto alcuna segnalazione di altri concorrenti, incomincio io a presentare due personaggi che l’hanno sparata grossa; si tratta di un ex e di un neo ministro distintesi entrambi in maniera esemplare nel corso della discussione alle Camere della legge sull’INDULTO: il primo è l’ex ministro della Giustizia ing. Roberto Castelli ed il secondo è l’attuale ministro delle Infrastrutture dr. Antonio Di Pietro.

L’ex ministro della Giustizia
Sen.ROBERTO CASTELLI


Contrario, così come del resto l’intera deputazione della Lega Nord – Padania, nel corso di una intervista mentre in aula si susseguivano gli interventi pro e contro il provvedimento dell’INDULTO, ha avuto la faccia tosta – cioè, traducendola nel linguaggio padano a lui molto caro, di “palta” – di affermare, grosso modo, che un Paese che non sia in grado di dare una soluzione al problema delle carceri non può certo risolverlo svuotandole, inondando l’Italia di delinquenti.
Affermazione concettualmente accettabile se non fosse che l’ing. Castelli per ben cinque anni ha rivestito in via continuativa la carica di ministro della Giustizia nelle cui competenze è ricompresa anche la gestione della politica penitenziaria del nostro Paese; viene quindi da chiedersi cosa questo ex ministro abbia fatto in proposito per quanto meno attenuare, tralasciamo il risolvere del tutto oramai quasi impossibile, il problema del sovraffollamento delle carceri.
Nulla se è vero che, come da sua stessa ammissione, le nostre carceri, pur essendo in grado di “ospitare” non più di 40.000 clienti accoglievano in realtà solamente, uno più uno meno, un numero oscillante tra i 57.000 e 60.000 detenuti, incremento questo dovuto ad una corposa presenza di immigrati.
Qualcosa per il vero ha fatto; in occasione della visita effettuata in data 15 agosto 2002 presso il carcere cagliaritano del Buoncammino, oltre ad affermare dall’alto della sua saccenza la “complessiva tenuta del sistema”, per contrastare la protesta dei 400 reclusi ebbe testualmente ad affermare: “ Il regolamento va rivisto e modificato, era stato pensato come se il carcere fosse un grande albergo; c’è pure l’obbligo di mettere nelle celle la televisione a colori. Il nostro obiettivo è quello di garantire la dignità dei detenuti non di farli vivere nel lusso”.
Ci sarebbe ancora dell’altro ma per carità di patria mi sembra proprio che sia il caso di chiudere qui.

Il ministro delle Infrastrutture
Dr. Antonio Di Pietro


Non voglio in questa sede discutere sul suo dissenso, che peraltro condivido pienamente così come tanti altri semplici cittadini o deputati, circa l’approvazione della legge sull’indulto comprendente la diminuzione triennale della pena anche per i reati di un certo rilievo sociale quali quelli finanziari, societari, di corruzione e concussione nonché quelli attinenti violazioni della tutela dell’integrità fisica dei lavoratori; voglio qui solamente sottolineare come sia stato del tutto inconcepibile il modo attraverso il quale ha estrinsecato questo suo dissenso.
Il Consiglio dei ministri è un organo collegiale ed in quanto tale ogni decisione viene assunta, se non condivisa da tutti, a maggioranza dei suoi componenti.
Un ministro quello che ha da dire in contrario lo deve prima di tutto esternarlo all’interno dell’organo cui appartiene e, se proprio vuole rendere edotta l’opinione pubblica del suo dissenso, può certamente farlo attraverso gli organi di stampa e/o televisivi con toni ed espressioni non certo da barricatero. Per esempio, il segretario dei Comunisti italiani, prof. Diliberto, che non è ministro ma lo è stato a suo tempo, ha reso partecipe il proprio dissenso, concretizzato in aula con la sua astensione dal voto assieme a quella dei deputati del suo partito, con dichiarazioni che potrebbero al limite essere considerate come non condivisibili – era il caso della mancata esclusione dall’atto di clemenza del reato del voto di scambio con appartenenti alla mafia - da parti di alcuni, ma sulle correttezza delle quali non si può muovere alcun appunto.
Mi chiedo se un ministro in carica – creando “iure proprio” un’autosospensione dall’incarico non previsto da alcuna norma di legge – possa scendere in piazza con cartelli di protesta in mano, lanciando parole oltraggiose nei confronti di quello stesso governo di cui fa regolarmente parte importante.
Credo proprio di no; a mio parere il suo comportamento ha integrato un vero e proprio oltraggio nei confronti sia del Governo che della coalizione dell’Unione, che appoggia l’attuale esecutivo, che non si è venduta ma solo, perché si potesse raggiungere il quorum dei 2/3 dei voti necessari previsti per l’approvazione della legge sull’indulto, accedere per una evidente necessità ad alcune “particolari” richieste da parte di un ben preciso schieramento dell’opposizione.
Eppure il ministro Di Pietro sapeva che, in base alla attuale consistenza numerica della maggioranza, ci si era venuti a trovare di fronte ad un bivio: o tentare di iniziare il risanamento della situazione carceraria, primo passo perché si potesse poi intervenire con l’edificazione di strutture più appropriate, attraverso uno sfoltimento dell’eccezionale numero dei detenuti, ovvero lasciare che la situazione esplodesse in qualcosa di più serio.
Ministro Di Pietro, nessuno si è venduto perché, come ben conosce, è oramai prossimo il momento in cui si porrà mano sulle c.d. “leggi vergogna”.

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