lunedì, ottobre 08, 2007

Il programma di Beppe Grillo - 1

IL PROGRAMMA
di
BEPPE GRILLO


LE SUE PROPOSTE


I vari testi che si susseguiranno hanno una natura squisitamente tecnica per cui a molti, me compreso, potrebbero risultare alquanto “indigesti”; sono tuttavia evidenti le loro finalità che, specie relativamente all’energia – fonti, usi e consumi – dovrebbero apparire agli occhi di tutti come talmente elementari da farci esclamare:
MA PERCHE’ NON CI HANNO MAI PENSATO PRIMA ?
Chi avrebbe dovuto pensarci se non coloro che dal dopoguerra ad oggi ci hanno governato ?
E dire che nel passato le industrie e tutti noi, privati cittadini, abbiamo attraversato, a causa della scarsità delle scorte energetiche e per l’impossibilità di reperirle, periodi alquanto duri che, per essere in tema, potremmo definirli come
“BUI”.
Dalla libertà nei consumi si passò ad un continuo legiferare volto a condizionare sempre più uso e consumo di combustibili attraverso un vero e proprio razionamento culminato con l’applicazione di fasce orarie,diversificate regione per regione, per l’accensione degli impianti di riscaldamento sia nelle abitazioni private che negli uffici pubblici e privati, con alcune eccezioni – ospedali, case per anziani, ecc…
Ipotesi di soluzioni sin rincorrevano l’un l’altra con esito pari allo zero assoluto ed intanto il petrolio aumentava di prezzo, anche a causa di qualche guerra anche civile in alcuni Paesi considerati “grandi produttori” dove l’estrazione era stata concessa alle solite compagnie americane che, poi, manovravano a loro piacimento il mercato.
Si potrebbero scrivere tante cose e molti lo hanno fatto.
Ma lo scrivere le solite cose non giova a nulla; solo delle serie proposte assolutamente fattibili possono aiutarci ad uscire da certe difficoltà che abbiamo a causa delle carenze che abbiamo in questo campo.
L’ultima buffonata è maturata durante l’ultimo governo di centrodestra allorché la sig.ra ministra Brichetto in Moratti, su ordine di Berlusconi a sua volta comandato dal “senatur” per antonomasia, Bossi, cacciò dalla
ENEA,
che non è il mitico figlio di Afrodite e di Anchise, bensì l’acronimo de
l’ ENTE per le NUOVE TECNOLOGIE, l’ ENERGIA e l’ AMBIENTE
il Premio Nobel 1984 per la fisica
CARLO RUBBIA
il quale, nella sua veste di condirettore, stava lavorando su un piano per lo sviluppo solare termodinamico.
Aveva osato criticare il governo Berlusoni per le scarse risorse destinate alla ricerca scientifica e, quale fulminea coincidenza, apparve, così ebbe a pubblicare il Corriere della Sera, uno scritto a firma “El valvola” il cui titolo era
“RUBBIA E’ UN ASINO”.
Sotto questa anonima firma si celava tal Claudio Regis, “ingegnere fantasma” elettricista , ex senatore della Lega Nord, noto per il legami che aveva avuto con TeleBiella.
Non risultava iscritto nell’Albo degli Ingegneri.
Rubbia non rimase disoccupato per un solo istante in quanto venne chiamato seduta stante in Spagna per l’elaborazione di un piano relativo alla costruzioni di centrali solari termiche e per la valorizzazione delle risorse rinnovabili.
Oggi è consulente presso il nostro Ministero dell’Ambiente.
E qui finisce il mio dissertare sui precedenti in materia ma aggiungo che
ho ritenuto, per comodità di chi avrà l’interesse di leggere questo programma, di inserire tra parentesi il significato o la specificazione di alcuni termini nonchè la titolazione delle leggi citate dagli estensori del programma di Grillo.

1. PER L’ENERGIA E I TRASPORTI

L’efficienza con cui si usa l’energia in Italia è molto bassa.
Almeno la metà dei consumi è costituita da sprechi che si possono evitare utilizzando tecnologie economicamente mature.
Riducendo gli sprechi e aumentando l’efficienza non soltanto si ottiene la massima riduzione possibile delle emissioni di CO2 ( anidride carbonica) a parità di investimenti, ma in misura direttamente proporzionale si riducono le importazioni di fonti fossili (petrolio, carbone, gas naturale, cioè gli idrocarburi ) e i risparmi che si ottengono consentono di pagare gli investimenti senza ricorrere a finanziamenti pubblici.
La crescita dell’efficienza e la riduzione degli sprechi costituiscono anche il pre-requisito per lo sviluppo delle fonti rinnovabili (in genere sono tutte quelle che , seppure con un certo limite di sfruttamento, si rinnovano in permanenza, per esempio attraverso la combustione di resti vegetali: le foreste sono la maggior fonte della materia principale ma, purtroppo stiamo tentando di farle scomparire ) che, allo stato attuale, costano di più e rendono meno delle fonti fossili.
Solo se si riducono gli sprechi e si accresce l’efficienza il loro contributo alla soddisfazione del fabbisogno energetico diventa significativo e si recuperano i capitali necessari a sostenerne i costi.
Il consumo delle fonti fossili che importiamo si suddivide in tre grandi voci pressoché equivalenti:
- il riscaldamento degli ambienti;
- la produzione termoelettrica;
- i trasporti.

1.1 IL RISCALDAMENTO DEGLI AMBIENTI
Se fosse applicata rigorosamente la legge 10/91 ( Norme in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia), per riscaldare gli edifici si consumerebbero 14 litri di gasolio, o metri cubi di metano, al metro quadrato calpestabile l’anno.
In realtà se ne consumano di più.
Dal 2002 la legge tedesca, e più di recente la normativa in vigore nella Provincia di Bolzano, fissano a 7 litri di gasolio al metro quadrato calpestabile l’anno il consumo massimo consentito nel riscaldamento di ambienti.
La metà del consumo medio italiano.
Utilizzando l’etichettatura in vigore negli elettrodomestici, nella Provincia di Bolzano questo livello corrisponde alla classe C, mentre alla classe B corrisponde un consumo non superiore a 5 litri di gasolio, o metri cubi di metano, e alla classe A un consumo non superiore a 3 litri di gasolio, al metro quadrato l’anno.
Nel riscaldamento degli ambienti, una politica energetica finalizzata alla riduzione delle emissioni di CO2, anche per evitare le sanzioni economiche previste dal trattato di Kyoto nei confronti dei Paesi inadempienti, deve articolarsi nei seguenti punti:
- applicazione immediata della normativa, già prevista dalla legge 10/91 e prescritta dalla direttiva europea 76/93, sulla certificazione energetica degli edifici;
- definizione della classe C della provincia di Bolzano come livello massimo di consumi per la concessione delle licenze edilizie relative sia alle nuove costruzioni, sia alle ristrutturazioni di edifici esistenti;
- riduzione di almeno il 10 per cento in cinque anni dei consumi energetici del patrimonio edilizio degli enti pubblici, con sanzioni finanziarie per gli inadempienti;
- agevolazioni sulle anticipazioni bancarie e semplificazioni normative per i contratti di ristrutturazione energetica col metodo “ESCO” (Energy Service COmpany), ovvero effettuate a spese di chi le realizza e ripagate dal risparmio economico che se ne ricava;
- elaborazione di una normativa sul pagamento a consumo dell’energia termica nei condomini, come previsto dalla direttiva europea 76/93, già applicata da altri paesi europei.
1.2 LA PRODUZIONE TERMOELETTRICA
Il rendimento medio delle centrali termoelettriche dell’Enel si attesta intorno al 38 per cento.
Lo standard con cui si costruiscono le centrali di nuova generazione, i cicli combinati, è del 55/60 per cento.
La co-generazione diffusa di energia elettrica e calore, con utilizzo del calore nel luogo di produzione e trasporto a distanza dell’energia elettrica, consente di utilizzare il potenziale energetico del combustibile fino al 97 per cento. Le inefficienze e gli sprechi attuali nella produzione termoelettrica non sono accettabili né tecnologicamente, né economicamente, né moralmente, sia per gli effetti devastanti sull’Ambiente, sia perché accelerano l’esaurimento delle risorse fossili, sia perché comportano un loro accaparramento da parte dei Paesi ricchi a danno dei Paesi poveri.
Non è accettabile di per sé togliere il necessario a chi ne ha bisogno, ma, se poi si spreca, è inconcepibile.
Per accrescere l’offerta di energia elettrica non è necessario costruire nuove centrali, di nessun tipo.
La prima cosa da fare è accrescere l’efficienza e ridurre gli sprechi delle centrali esistenti, accrescendo al contempo l’efficienza con cui l’energia prodotta viene utilizzata dalle utenze (lampade, elettrodomestici, condizionatori e macchinari industriali).
Solo in seguito, se l’offerta di energia sarà ancora carente, si potrà decidere di costruire nuovi impianti di generazione elettrica.
Nella produzione di energia elettrica e termica, una politica energetica finalizzata alla riduzione delle emissioni di CO2 anche accrescendo l’offerta, deve articolarsi nei seguenti punti:
- potenziamento e riduzione dell’impatto ambientale delle centrali termoelettriche esistenti;
- incentivazione della produzione distribuita di energia elettrica con tecnologie che utilizzano le fonti fossili nei modi più efficienti, come la co-generazione diffusa di energia elettrica e calore, a partire dagli edifici più energivori: ospedali, centri commerciali, industrie con processi che utilizzano calore tecnologico, centri sportivi ecc.;
- estensione della possibilità di riversare in rete e di vendere l’energia elettrica anche agli impianti di microcogenerazione( costruzione di piccole centrali in grado di riprodurre autonomamente energia e calore nei condomini madio- grandi – da 15 unità immobiliari in su- negli uffici pubblici, ospedali, supermarket, ecc..) di taglia inferiore ai 20 kW;
- incentivazione della produzione distribuita di energia elettrica estendendo a tutte le fonti rinnovabili e alla microcogenerazione diffusa la normativa del conto energia, vincolandola ai chilowattora riversati in rete nelle ore di punta ed escludendo i chilowattora prodotti nelle ore vuote;
- applicazione rigorosa della normativa prevista dai decreti sui certificati di efficienza energetica, anche in considerazione dell’incentivazione alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili che essi comportano;
- eliminazione degli incentivi previsti dal Cip 6 (realizzazione di impianti alimentati a fonti rinnovabili) alla combustione dei rifiuti in base al loro inserimento, privo di fondamento tecnico-scientifico, tra le fonti rinnovabili;
- legalizzazione e incentivazione della produzione di biocombustibili (sostanze organiche- olii vegetali - derivanti da combustioni clorofillari) , vincolando
all’incremento della sostanza organica nei suoli le produzioni agricole finalizzate a ciò;
- incentivazione della produzione distribuita di energia termica con fonti rinnovabili, in particolare le biomasse vergini (legna), in piccoli impianti finalizzati all’autoconsumo, con un controllo rigoroso del legno proveniente da raccolte differenziate ed escludendo dagli incentivi la distribuzione a distanza del calore per la sua inefficienza e il suo impatto ambientale;
- incentivazione della produzione di biogas dalla fermentazione anaerobica dei rifiuti organici.
1.3 I TRASPORTI
Nel settore dei trasporti occorre intervenire sia a livello tecnico, incentivando lo sviluppo di mezzi di trasporto più efficienti e meno inquinanti, sia a livello organizzativo, favorendo lo sviluppo dei mezzi di trasporto pubblici e disincentivando l’uso dei mezzi privati soprattutto nelle aree urbane fortemente congestionate.
In relazione agli aspetti tecnici, una forte riduzione delle emissioni di CO2 degli autoveicoli si può ottenere seguendo quattro indirizzi:
- l’aumento dell’efficienza degli autoveicoli alimentati da motori termici, incentivando la ricerca e l’innovazione finalizzate ad accrescere significativamente il numero dei chilometri percorsi per litro di carburante;
- l’incentivazione alla produzione di automezzi con motori alimentati da biocombustibili: biodiesel e bioetanolo;
- lo sviluppo di forme di trazione alternative ai motori termici: motori elettrici e ibridi;
- l’incentivazione di autoveicoli con motori alimentati a metano, per l’abbattimento immediato delle emissioni inquinanti che consentono di ottenere il potenziamento della rete di distribuzione del metano su strade e autostrade.
In relazione alla mobilità urbana occorre disincentivare l’uso dei mezzi privati e favorire la diffusione di forme di mobilità alternative. A tal fine occorre:
- sviluppare reti di piste ciclabili protette estese a tutta l’area urbana;
- introdurre una tassazione per l’ingresso nei centri storici di automobili private con un solo occupante a bordo;
- potenziare i mezzi pubblici a uso collettivo e i mezzi pubblici a uso individuale (carsharing), meglio se con motori elettrici alimentati da reti e non da batterie.
Una versione più interessante, versatile e flessibile dei filobus tradizionali, improvvidamente abbandonati negli scorsi decenni, si può realizzare posizionando reti di cavi elettrici protetti sull’asfalto stradale. In questo modo si possono alimentare non solo mezzi di trasporto pubblici collettivi, ma anche flotte di automobili pubbliche a uso individuale con pagamento al consumo mediante scheda elettronica prepagata.
L’effetto combinato di queste misure tecniche e organizzative può consentire di porre limitazioni sempre più rigorose al traffico privato accelerando al contempo la velocità degli spostamenti e ricostruendo la possibilità di realizzare la funzione «da porta a porta», che nelle aree urbane le automobili hanno ormai perso da tempo.
A partire da queste premesse acquisiscono un’utilità effettiva in termini di riduzione dei consumi di fonti fossili e di impatto ambientale, tutte le innovazioni tecnologiche finalizzate a ridurre le emissioni inquinanti delle automobili e ad accrescere il numero dei chilometri percorsi per litro di carburante.

Nessun commento: