sabato, aprile 05, 2008

Trattato su un delfino

IL DELFINO
che
da nero divenne azzurro
e
da azzurro passò ad una incolore trasparenza.
Un cangiante insomma, un ectoplasma così
come la coalizione per anni rinchiusa nella, a parole ma non nei fatti,
Casa della Libertà
Alludo a Gianfranco Fini, l’attuale valletto di villa San Martino di Arcore, il quale indietreggia ogni giorno di più nelle graduatorie dei nostri politici più importanti e decisivi delle sorti del nostro Paese.
Più che un delfino, quindi, un valletto che fa da eco alle affermazioni del suo mecenate, quello che ci fa sapere con un certo orgoglio d’averlo tirato fuori, assieme a Casini, il figliolo ancor non prodigo, dalle fogne.
Anche lui, il Pierferdinando Caltagirone nei Casini, un bel tipino; spara a zero su tutto e su tutti come se il suo partito non fosse mai stato al governo ed abbia approvato, lui per primo, una dopo l’altra tutte le leggi vergogna e messi incredibili coperchi su storie ancor più vergognose; una su tutte quella dell’irruzione notturna della Polizia di Stato nell’interno della scuola Diaz di Genova dove vennero, si dice sospesi ma in realtà vennero del tutto cancellati, i diritti umani che una nazione democratica deve sempre e comunque tutelare a tutti, indistintamente.
Vengono riconosciuti nel mondo civile anche ai criminali ma noi ci siamo macchiati – per volere di qualcuno che sta zitto perché vi sono altri pronti a pagare per lui – di un vero e proprio crimine verso l’umanità (parole dell’ONU).
Peggio ancora poi la tentata manovra con prove false – bottiglie molotov sequestrate al mattino e portate a scuola per giustificare come quell’irruzione fosse stata necessaria attesa la pericolosità dei ragazzi lì radunati ma dormienti.
Peggio ancora la storia della successiva sparizione di queste bottiglie una volta aperto il procedimento penale nei confronti dei poliziotti- aguzzini e di chi li comandava.
Nella stanza dei bottoni delle Forze dell’Ordine stazionava in quel giorno del G8 sin dal mattino uno staff di alto grado, non scartine qualsiasi, di Alleanza Nazionale.
C’è un qualche nesso tra i due fatti ? Un qualche ordine sussurrato all’orecchio di qualche dirigente della polizia da parte di uno o più politici ?
Aspettiamo, non essendo stato possibile insediare per un fatto così grave una Commissione parlamentare, l’esito del processo per vedere quale verità salterà fuori in ordine ai mandanti effettivi di quella spedizione punitiva di stampo nazista o se volete, tipo Guantanamo.
Ma scusate lo sfogo e torniamo al discorso principale, cioè Fini.
Abbiamo sono ad ora parlato di Berlusconi e delle sue gesta anche elettorali temerarie, degne da essere esportate nel mondo intero per risollevare il morale dei popoli dell’universo, ma di Fini abbiamo parlato sino ad oggi ben poco.
Ma c’è qualcuno che scrive meglio di me, una penna inimitabile per stile e contenuti dei suoi editoriali.
Ne riporto qui di seguito uno dei tanti da lui scritti, che però riguarda proprio
Gianfranco Fini.
Fini, l'uomo del giorno dopo
Antonio Padellaro

Nella tragicomica vicenda del fascista reo confesso Ciarrapico nelle liste Pdl, rifulge ancora una volta la mezza figura dell’onorevole Gianfranco Fini la cui prontezza di riflessi a proposito delle iniziative del sommo leader si misura in giorni interi quando non in settimane.
A Milano, mentre Silvio Berlusconi stracciava il programma del Pd il promettente numero due era lì impettito e silenzioso a fare da palo.
Salvo accorgersi l’indomani, dalla lettura dei giornali del disastro mediatico che quel gesto violento e volgare avrebbe prodotto sull’ampia zona grigia di elettorato benpensante e ancora incerto sul da farsi.
Eccolo allora l’uomo del giorno dopo arrampicarsi sugli specchi in frantumi e spiegare con voce inutilmente stentorea che in realtà Berlusconi strappando quei fogli voleva ma non voleva e insomma, forse, però.
Ieri, quando si è accorto dei problemini sorti con la geniale candidatura del camerata Ciarrapico il brillante delfino ha avuto la solita reazione vispa e quanto mai illuminante sul peso decisionale da egli esercitato nel partito del predellino.
Ha detto infatti che lui quello non lo voleva ma che l’ha scelto Berlusconi.
Di questa sua spiccata personalità Fini aveva già dato memorabile dimostrazione ai tempi del famoso «kapò» quando seduto accanto all’allora premier fuori controllo l’intero mondo lo vide diventare verde e poi sbarrare gli occhi.
Ma eroicamente dalla sua bocca non uscì neppure un gemito.
Tutto questo potrebbe essere catalogato sotto la voce miserie della politica se in gioco non ci fosse il futuro prossimo del nostro paese.
Che si meriterebbe una destra moderna ed europea, come infatti esiste in Francia, in Spagna, in Inghilterra e in grado di andare al governo senza drammi, rispettata e rispettosa degli avversari.
Poco a che vedere con la pantomima messa in scena dall’impresario unico, nevrotica, insultante e corredata da marce e retromarce su Roma a cui ci tocca assistere.

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