venerdì, aprile 11, 2008

Una seria riflessione su cui meditare

UNA RIFLESSIONE SERIA SU CUI MEDITARE
Minacce e paura
di Antonio Padellaro
Poniamo che nella tarda serata di lunedì 14 aprile, a urne ormai chiuse né dai numeri del Viminale né tantomeno dagli exit-poll si riesca a capire chi ha vinto e chi ha perso le elezioni politiche del 2008.
Mettiamo (ipotesi probabile) che al Senato, complici il sistema macchinoso e i voti ballerini degli italiani all’estero si prefiguri un sostanziale pareggio tra centrodestra e centrosinistra.
E che alla Camera (ipotesi possibile) si verifichi un testa a testa Pdl-Pd sul filo dei voti e del premio di maggioranza.
In una situazione del genere cosa farebbe Silvio Berlusconi?
Resterebbe tranquillo ad aspettare la conclusione dello spoglio, disposto a riconoscere e a rispettare il risultato qualunque esso sia?
Ne dubitiamo fortemente per il semplice fatto che egli già ora si proclama vincitore e con il più ampio margine.
«Se non ci saranno brogli non ci sarà nessun pareggio», ha sentenziato ieri.
E ha aggiunto: «Tutti i sondaggi ci danno avanti di 8-10 punti. Abbiamo messo in campo un esercito di 120mila volontari a difesa del voto degli italiani».
Dichiarazioni che dovrebbero suscitare il più vivo allarme nelle altre forze politiche, a cominciare naturalmente dal Pd.
Quella di Berlusconi, infatti, non è la consueta vanteria propagandistica o un troppo caloroso auspicio ma la rivendicazione di un diritto (la vittoria) a cui manca solo una formalità (le elezioni).
Cosicché ogni altro diventa un imbroglio. Un atteggiamento tipicamente infantile. Di chi pensa è tutto mio.Berlusconi procede per affermazioni apodittiche, quelle che non vanno dimostrate e non tollerano discussioni.Sostiene di avere già vinto perché «tutti i sondaggi» gli danno un vantaggio incolmabile per quantità di voti e di parlamentari.
Quegli stessi sondaggi elettorali che in passato si sono dimostrati assai fallibili, come nel 2006 quando vaticinarono il trionfo dell’Unione di Prodi però salvata solo da un pugno di voti.
Previsioni che anche ultimamente hanno brillato per vaghezza segnalando un trenta per cento di indecisi che in campo statistico non sono proprio un dettaglio.
Da una settimana, poi, chiunque può dare i numeri visto che i sondaggi dovrebbero restare riservati per legge.
E dunque così come Berlusconi può vantare dieci punti di vantaggio, Veltroni potrebbe benissimo annunciare il sorpasso dell’avversario.
Ma per il cavaliere tutto ciò non conta.
Del resto, dieci anni fa, dopo la prima affermazione di Prodi contestò i voti degli elettori sostenendo che gli unici veritieri erano i voti dei suoi sondaggisti.
Brogli.
Il sillogismo è d’acciaio.
Vinco certamente io ma se dovessi perdere sarà per i maneggi dei soliti comunisti.
Non è una barzelletta ma una minaccia ricorrente.
Nel 2005, prima delle Regionali disse che a sinistra c’era «una vecchia professionalità nel cambiare i voti nelle schede».
Nel ’96 giurò, «ce ne hanno tolti un milione e 705mila».
Alla vigilia del voto del 2006 chiese nientemeno l’intervento degli osservatori dell’Onu per vigilare sui «professionisti dei brogli della sinistra».
Dopo, non ha mai riconosciuto la vittoria di Prodi e ha continuato a denunciare colossali imbrogli ai danni della Cdl.
Anche se resta il sospetto che i numeri li abbia falsificati qualcun altro ai danni del centrosinistra.
L’esercito dei 120mila volontari nei seggi per conto di Silvio è probabilmente un’esagerazione.
Che però serve a preparare un clima nel caso il Pdl dovesse perdere o anche solo pareggiare.
Un brutto clima che Berlusconi surriscalda accusando le istituzioni di giocargli contro.
A cominciare dal Quirinale, arbitro del confronto politico, che ha chiamato in causa con l’accusa poi rimangiata di parzialità.
Non c’è dubbio: le minacce di Berlusconi si spiegano con la paura per un esito elettorale all’inizio strombazzato come una tranquilla passeggiata e adesso non più così sicuro.
Resta la sensazione, spiacevole, di una democrazia da un quindicennio tenuta costantemente in ansia da un capopopolo degno dello Zimbabwe.
Per questo fa bene il loft veltroniano a sposare, come abbiamo letto, la linea dura.
Non un espediente momentaneo per motivare l’elettorato e smuovere gli incerti.
E neppure un antiberlusconismo di maniera e fine a se stesso. Dura e rigorosa deve essere invece la posizione di chi pretende da ciascuno il rispetto delle regole non permettendo a nessuno di spaccare il Paese.
Pubblicato il 05.04.08 su L’Unità

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