giovedì, settembre 11, 2008

Causa civile Berlusconi - The Economist -2

THE ECONOMIST e BERLUSCONI- 2
Nel precedente post relativo all’argomento in questione si sono stabiliti i punti fondamentali - dettati in sentenza dal dr. Angelo Ricciardi – magistrato appartenete alla I^ Sezione civile, dopo una accurata analisi giurisprudenziale – da cui partire per stabilire se una critica, pur non gradevole contro un qualsiasi personaggio, possa o meno integrare il reato di diffamazione e, quindi, in caso affermativo, ledere il diritto all’onore del “criticato”.
Ho volutamente indicato la Sezione del Tribunale di Milano, la Prima , cui appartiene il magistrato estensore di questa sentenza per poter sottolineare come la stessa sia una specie di “fiore all’occhiello” di questo comparto della giustizia milanese per la semplice circostanza che ad essa vengono assegnate tutte le cause c.d. “importanti” e alquanto “problematiche da un punto di vista giuridico”nonché, in particolare, tutte quelle che ogni cittadino intenta contro lo Stato e le Amministrazioni Pubbliche in genere.
Prima di essere iscritto all’Albo dei Praticanti Procuratori”, siamo agli inizi dell’anno 1959, occorreva a quei tempi prestare giuramento davanti al Presidente del Tribunale o, in sua vece, ad un magistrato della Prima Sezione; caso volle che il magistrato libero da udienze fosse il Dr. Salafia, catanese di nascita, un vero e proprio giurista tanto che divenne in seguito il Presidente della sua stessa Sezione con il grado di Consigliere di Cassazione.
Non dei pivelli, dunque, ma magistrati ben collaudati, colti e studiosi.
Ho avuto la fortuna di avere in seguito una causa che fu assegnata a lui; si trattava di un’opposizione ad un decreto ingiuntivo dell’Intendente di Finanza di Milano notificato alla vedova di un de cuius per IGE non regolarmente versata.
La moglie, a quei tempi, in presenza di figli, non era una erede bensì un “successore a titolo particolare” in quanto solo usufruttuaria di una parte dei beni lasciati dal defunto.
Vigeva ancora allora, in materia di tasse ed imposte il borbonico principio del
“SOLVE ET REPETE”
che imponeva ai contribuenti pur irregolarmente perseguiti di seguire la seguente procedura:
“PRIMA PAGA E POI PROTESTA”
massima questa che evidenziava lo strapotere delle Pubblica Amministrazione nei confronti dei cittadini, anche di quelli irritualmente ed ingiustamente tartassati.
Fortunatamente, nel frattempo, vi era stata una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in sede civile che ebbe a concludere come non fosse valido quel vecchio principio qualora la questione giuridica, fonte della lite, fosse di elementare soluzione.
Anche gli studenti del primo anno di Giurisprudenza una volta letto un testo di Diritto Privato sapevano di già che la moglie non era erede del marito, neanche parzialmente, in presenza dei figli, unici eredi.
Bastarono nella comparsa conclusionale richiamare quattro righe già inserite in quella di costituzione e risposta per vincere la causa,
Le spese a favore liquidate in sentenza l’Avvocatura dello Stato le pagò dopo un anno e mezzo !
Chiudo questa personale parentesi che ho ritenuta necessaria per far notare il valore delle persone che amministrano la Giustizia in questa Sezione, senza tuttavia sminuire quello degli altri magistrati.
Ritorniamo, quindi, alla causa Berlusconi c. The Economist
Le lagnanze di Berlusconi, a suo dire diffamato in quanto accusato di fatti inesistenti, non si limitavano alla frase di cui in copertina ma si allargava anche al tenore di tutto l’articolo compreso nella rivista in quanto contenente accuse di fatti-reato da me già elencati nel primo post relativo a questa causa.
In particolare si precisa che l’articolista
dopo aver giustapposto falsità assurde a semplici indagini presentate a mò di certezze, l’articolo oculatamente prosegue con un’abile quanto strumentale smentita delle difese dell’on. Berlusconi e ancor più delle sue censure alla persecuzione giudiziaria che lo vede come vittima…..e che le difese dell’on. Berlusconi sono in tal modo dileggiate e degradate ad arte come uno squallido tentativo di insabbiare e fermare le indagini nei suoi confronti…”.
Beh, a questo punto è bastato produrre gli stralci degli atti non più coperti dal segreto istruttorio per dimostrare come la convenuta non si fosse inventato proprio un bel nulla.
Anzi, ha voluto calcare la mano producendo agli atti di causa alcuni documenti relativi ad altre vicende per le quali era stato indagato, quali:
- lo spostamento della pista di Linate in altra zona dopo la realizzazione di Milano 2;
- l’elenco delle società svizzere che si nascondevano dietro le società che avevano realizzato il quartiere residenziale di Milano 2
- ecc….ecc…ecc…fatti già conosciuti da tutto il mondo.
Per non farla troppo lunga ( la sentenza occupa ben 20 pagine con scrittura molto fitta)
il magistrato adito esprime il giudizio secondo il quale, tutto valutato, nel caso di specie ci si trovi
di fronte ad un giudizio politico – radicalmente negativo –maturato nei confronti dell’attore e, più in generale, di una certa mentalità – affaristica ed incurante delle regole – ritenuta dall’Economist largamente diffusa nella popolazione italiana, formulato all’esito di una articolata analisi di fatti e comportamenti altrui (nella specie, le vicende dell’on. Berlusconi nel contesto politico, imprenditoriale e giudiziario italiano) ed influenzato dalle premesse culturali e politiche dalle quali muovono gli strumenti interpretativi adoperati dalla testata inglese nella propria disanima dei fatti”.
Si chiede, quindi, se sia possibile o meno effettuare una valutazione di merito sui giudizi politici espressi dallEconomist; certamente no !
Perché in questo caso l’unico comportamento “corretto” da tenersi è quello del verificare se i fatti storici e processuali esposti nell’articolo siano o meno frutto di (eventuali) travisamenti – dolosi o colposi - posti a fondamento del giudizio negativo nei confronti dell’attore ovvero frutto di verità che va esaminata non ex post, cioè al momento dell’introduzione della lite, bensì in rapporto ai dati in possesso del giornalista all’epoca della redazione dell’articolo.
Ma un’altra circostanza fa dubitare della bontà dell’accusa berlusconiana che, come abbiamo visto, parla genericamente di
“un cumulo di falsità inaudite e vergognose”
senza precisare quali, tra le tante e svariate accuse mosse contro l’Economist rispondessero a tali specie.
Tale necessità assume una particolare importanza allorché ci si trova dinnanzi ad
“una articolata ricostruzione giornalistica di complesse ed annose vicende personali, economiche, politiche e giudiziarie, rispetto alle quali la prospettazione dell’illecito diffamatorio non può esaurirsi nella generica contestazione dell’intera ricostruzione, ma deve scendere all’indicazione puntuale e dettagliata, delle circostanze che siano ritenute lesive dell’onore e della reputazione dell’interessato perché riferite dall’autore con falsità o negligente approssimazione”.
Più chiaro di così…ma cosa poteva dire il poveruomo – moralmente parlando – atteso che tutti i fatti, anche se solo parzialmente ed i maniera assai approssimativa, erano apparsi su parte della stampa italiana e mondiale ?
Il fatto poi che il personaggio Berlusconi rivesta una funzione pubblica ed istituzionale e la notorietà acquisita anche all’estero non poteva che giustificare pienamente la particolare attenzione che l’Economist dava e tuttora dà ai suoi comportamenti.
Per questi motivi il giudicante, ritenendo non fondate le doglianze dell’attore, respinge la domanda avanzata da Berlusconi e siccome le spese legali seguono la parte soccombente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese processuali calcolate in complessive 25.000,00 euro.
Uno dei legali difensori in causa dell’attuale Premier ritiene questa decisione ingiusta e che quindi verrà appellata; giusto è nel diritto delle parti.
Ma è il motivo che si adduce che fa diventare questa storia una farsa; non ricordo le precise parole del legale ma il senso della frase è questo:
I fatti addebitati sono tutti falsi tanto che Berlusconi fu votato dagli italiani ed eletto Premier.
A parte la circostanza che non tutti gli italiani lo votarono nel 1991 e che sia lecito pensare come la gran parte di chi lo votò avesse creduto in quei frangenti alle false promesse mai realizzate nonostante il contrario strombazzamento quotidiano; l’altra parte rimanente, attratta dallo stato sociale e dalla ricchezza creatasi nel frattempo dal candidato Premier, si comportò presumibilmente sotto una specie di delirio affaristico pro domo sua.
Come ebbe a sottolineare l’Economist, frutto di
“….. una certa mentalità – affaristica ed incurante delle regole - largamente diffusa nella popolazione italiana”,
C’è da esserne proprio fieri per un siffatto giudizio !
Vorrei infine chiudere con un’altra mia riflessione.
Il personaggio in parola afferma che nonostante l’infinità di processi iniziati a suo carico per fatto e colpa delle Procure con magistrati dalle toghe rosse lui non è stato mai condannato.
Dimentica però due cosucce.
La prima: che molte volte l’ha scampata bella per merito di alcune “leggi vergogna”.
La seconda: che gli vennero concesse in un processo le attenuanti generiche – ad un innocente non le si concedono di certo – che comportarono una riduzione della pena in modo da far rientrare il reato per il quale si procedeva penalmente nei suoi confronti nell’aministia che, come si sa “estingue il reato”.
Ma anni addietro, occupandomi del reato di “Plagio”, mi rimase impressa una frase scritta in sentenza da altri giudici del Tribunale di Milano in data 02 luglio 1991, a definizione di una delle varie fasi – ben 6 - del processo contro alcuni componenti della direzione di Scientology.
Assolvendo uno degli imputati ebbero ad affermare che:
“Non sempre quello che è moralmente illecito è anche penalmente rilevante”
Ergo
Alle persone oneste non può imputarsi alcunchè di moralmente illecito; ad altri, se non sussistono estremi di reato ovvero se mancano le prove dirette di colpevolezza necessarie per arrivare ad una condanna, si.
E su alcuni casi di questo tipo ….casca l’asino !
Tre su tutti, per non farla ancor più lunga:
- falsa testimonianza sulla sua appartenenza alla P2
dichiarato colpevole - reato estinto per l’amnistia del 1989;
- tangenti alla Guardia di Finanza
condanna in primo grado a 2 anni e 9 mesi, senza attenuanti di sorta, per tangenti pagate per “ammorbidire” i controlli fiscali sulle società Mondatori, Mediolanum, Videotime e Telepiù
In appello la Corte applica le attenuanti generiche e così scatta la prescrizione per le tangenti Mondadori, Mediolanum e Videotime; per quella Telepiù viene assolto con formula dubitativa ma in Cassazione – 2001- viene assolto per non aver commesso il fatto.
Tuttavia vengono confermate le condanne ai suoi coimputati Berruti (ufficiale della Guarda di Finanza che ebbe a dirigere gli accertamenti fiscali), Sciascia, Ranocchio e Capone.
Ma allora le tangenti vi furono ma chi ne trasse vantaggio economico a seguito del rapporto addomesticato della G.d.F. ?
Cui prodest ?
Non certo ne trovò giovamento il popolo italiano bensì l’esperto industriale, o sbaglio ?
“Non sempre quello che è moralmente illecito è anche penalmente rilevante”
Ma in questo caso sino ad un certo punto atteso che il giovane ufficiale delle Fiamme Gialle entrò poco dopo nel gruppo di legale del patron Berlusconi e quindi “insediato” in pianta stabile in Parlamento prima sotto l’ala per molti gratificatrice di Forza Italia e poi del PDL.
- Rimarrebbe il caso, tra gli altri che qui per brevità tralascio, noto come “ toghe sporche – SME”
500milioni di lire in giro per il mondo: partono da B per arrivare a P per poi spostarsi sul conto di S, un giudice evidentemente compiacente.
“Non sempre quello che è moralmente illecito è anche penalmente rilevante”
Ma a questo punto mi chiedo, sarà poi proprio vero ?
O è facile attenersi a questo principio per evitare noie e dolori per l’Italia, cioè per tutti noi, ovvero per gli stessi giudicanti messi continuamente sotto accusa con affermazioni urticanti ?
Ma sino ad oggi c’è ancora un briciolo di democrazia ed ognuno parrebbe ancora in grado, anche se non proprio del tutto liberamente, di pensarla come meglio crede.
Ci stiamo avviando verso un universale
“UNICO”.
-una religione unica;
- un padrone unico;
- un maestro unico;
- una razza unica;
- un partito unico.
Tutto unico, anche uno slogan unico, infine:
CREDERE, OBBEDIRE e COMBATTERE .......CHI NON CI STA.


giù per la gola una bottiglia di
UNICUM

che però, tanto per non dare all’occhio, non contiene più il lodevole amaro ungherese ma un normale olio di ricino prodotto da una non citata casa farmaceutica.
Si sconosce da dove provenga , anche se…….
FINE

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