lunedì, novembre 10, 2008

Parole,parole,parole.....

LA FAVOLA del BENESSERE
ITALIANO
C’era una volta un re, almeno lui crede fermamente di esserlo, che dispensava a tutta bocca promesse su promesse,
Purtroppo solo vane promesse col risultato che il popolo italiano, anche quello da lui chiamato della libertà, pur se ritenuto di sua esclusiva proprietà, sta andando dritto dritto verso un profondo burrone chiamato
POVERTA'.
Rimarranno a galleggiare – dati ISTAT- solamente quel 10% di italiani che, da soli, detengono ben il 42% della ricchezza totale ed il 28 % delle entrate globali più i componenti delle varie mafie che, chissà perché, rimangono sempre ai margini di ogni discorso, nel perpetuo sommerso.

i RICCHI ed i POVERI

Per non creare confusione in coloro che a suo tempo, mi riferisco al periodo andante dalla fine degli anni '60 sino al 1980, hanno avuto l’occasione di ascoltare più volte le canzoni allora di moda, preciso subito che non mi riferisco al famoso quartetto ligure dei
“ I Ricchi e Poveri” ,

ridottosi in seguito, non certo per risparmio, in un terzetto, che ebbe a dominare le scene televisive e i palcoscenici di tutta Italia con una vendita di oltre 20milioni di dischi.
Alludo proprio alle persone ricche dalla nascita e rimaste ricche nonché ai ricchi divenuti poveri, ai poveri divenuti ultraricchi con trucchi di mestiere anche illeciti ed ai poveri in canna da sempre e che tali rimarranno vita natural durante che per loro va accorciandosi, vivendo tra gli stenti, sempre di più.
Nella fascia degli anni da noi tutti vissuti e che stiamo vivendo nuovamente sotto il segno dell’uomo di Arcore l’evento più eclatante, in negativo purtroppo, è stato l’allargarsi del solco già esistente tra i vari ceti sociali che ha determinato di fatto, anche a discapito di quella che era un tempo la nostra borghesia, la loro riduzione ad una dicotomia: i ricchi da un lato ed i poveri dall’altro, l’un l’altro contrapposti in un voluto perenne conflitto.
Perché direte voi ?
E’ semplice: i ricchi sono pochi di numero rispetto a quello dei poveri, che sono un’enormità; i primi si arrangiano da soli e fanno quello che vogliono senza essere molestati mentre i poveri non riescono nemmeno a protestare e, quand’anche fosse, bastano poche briciole per zittirli: non un riconoscimento dei loro diritti ma venduto come un atto di generosità dall’attuale capo della compagine governativa.
Il classico tozzo di pane raffermo lanciato al proprio cane che, affamato, ti guarda con gli occhi languidi.
Un’opera napoleonica, senza alcun dubbio; nessuno in passato, pur avendo fatto molti tentativi per ottenere un analogo risultato, c’era riuscito.
Ecco perché il nostro protagonista di questa impresa ebbe a paragonarsi, fra gli altri grandi della storia, anche a Napoleone Buonaparte, corso di nascita ma di origine italiane, venete per la precisione.

Forse non sa questo nostro ingombrante personaggio padano, di cui l’Italia non ne aveva proprio bisogno, che Napoleone tanto glorioso, alla fin fine, non fu perché subì anche lui delle sonore batoste durante la campagna d’Egitto, nella battaglia navale di Trafalgar con la distruzione ad opera di Nelson della sua flotta navale, nella disastrosa campagna di Russia.
Certo fu bravo nel depredarci molti capolavori artistici, avendo poi il coraggio di affermare che gli italiani erano tutti ladri; al che qualcuno gli rispose con prontezza: “Maestà, tutti no, buona parte si”.
Ma, ritornando al nostro uomo, appare cosa giusta e saggia congratularsi con lui per alcuni primati che ha fatto raggiungere all’Italia durante le sue governances; non è da tutti arrivare a tanto, infatti.
Ma ecco alcuni dati che dovrebbero riaccendere a molti il lume dell’intelletto:
L’Ufficio Statistico della Comunità Europea
Eurostat,

che esamina prima i fenomeni a livello comunitario europeo per poi scendere nei particolari di ogni singola nazione, su questa tematica snocciola alcuni
dati che si riferiscono all’anno 2004
anno questo dell’ultima rilevazione.
Premettendo che vengono considerati come
“poveri”
coloro che guadagnano meno del 60% del reddito medio del Paese in cui risiedono, l’Eurostat ci fa sapere che:
in Europa
ben 72milioni di persone erano a rischio di povertà;
la media delle famiglie in stato di povertà era del 16%;
la media relativa alla spesa pubblica in favore della famiglia, della casa e dell’esclusione sociale era pari al 3,4% del Prodotto Interno Lordo.
in Italia
· ben 2milioni e 674mila famiglie vivevano in condizione di povertà;
· la media delle famiglie in stato di povertà era del 19% ( lo 0,9% in più rispetto al 2003);
· la media relativa alla spesa pubblica per il pacchetto “sociale” era pari all’1% del PIL.
Un vero e proprio record europeo in negativo; questo è il tanto decantato lustro dato al nostro Paese dal nostro pseudo Napoleone; è riuscito a condurre per mano molti italiani, agevolandone il percorso in parte con i sui provvedimenti ed in parte con i mancanti interventi atti ad evitare questo sfacelo, verso la soglia della povertà per farli poi precipitare dentro onde poter dare una ben selezionata compagnia a coloro già da tempo poveri e che lo erano diventati nel frattempo ancor di più.

QUESTO SI CHE SI CHIAMA ALTRUISMO !
SANTO SUBITO
Con l’aria che tira nello Stato della Città del Vaticano l’ipotesi non appare poi proprio del tutto peregrina.
Ma chi sono questi nuovi poveri?
Alludo:
a coloro i quali, nelle vesti di piccoli risparmiatori, hanno perso tutto il gruzzolo, accumulato durante tanti anni di fatica per garantirsi una vecchiaia meno pesante finanziariamente, in quanto investiti dal ciclone di alcune truffe finanziarie( bond argentini, fallimenti Cirio , Parmalat, tanto per citare tra i molti quelli più sconquassanti) e da ieri dal cataclisma mondiale nel campo economico che ha reso azioni ben quotate al livello di carta straccia;
a quei lavoratori dipendenti ed ai c.d. lavoratori atipici i quali, spremuti come limoni con stipendi e salari più bassi d’Europa hanno visto diventare il loro corrispettivo economico sempre meno competitivo a causa dell’esagerato aumento dei prezzi che non potevano, come hanno fatto altre categorie, scaricarlo a loro volta su altri;
a chi lavorava in settori del comparto manifatturiero (abbigliamento, pelli, calzature) letteralmente travolti, assieme agli imprenditori, dalla concorrenza di alcuni Paesi produttori con basso costo di manodopera.
E qui l’accusa andrebbe rivolta anche a quelle grandi imprese che hanno chiuso le loro fabbriche in Italia per trasferirle in Cina od in India, così aumentando nel nostro paese la disoccupazione.
I NUOVO RICCHI
ovvero
LE SANGUISUGHE

Sono sincero, parlare di chi si è arricchito mi fa un po’ schifo così come mi facevano schifo le sanguisughe che un tempo i medici applicavano su alcuni punti del corpo per effettuare il necessario salasso, onde evitare guai peggiori, a chi soffriva di pressione alta; quante volte ho assistito di soppiatto a questo trattamento su mia nonna che oramai si avvicinava ai 90 anni.
Si staccavano una volte rimpinzatesi a dovere col sangue umano; ma allora non c’erano a disposizione né medicine specifiche né altri trattamenti per curare l’ipertensione.
Si racconta anche che venivano applicate alle donne per purificarne il sangue e per far loro sparire i “cattivi” umori; favole ? Non saprei.
Tempi antichi ? No di certo!
La medicina americana le ha reintrodotte a partire degli anni ‘70 perché la loro attività è stata ritenuta come un vero toccasana per ripulire il sangue, per agevolare la ripresa della circolazione sanguigna negli arti appena trapiantati nonché per ripulire profonde ferite a rischio di cancrena per la mancanza di una rapida rimarginazione.
Questo negli USA ma da noi ?
Abbiamo avuto in regalo dall’Unto una colossale invenzione, quella delle
SANGUISUGHE VIRTUALI
una miserabile sottospecie di quelle originali che hanno la caratteristica di essere più pericolose; appena si attaccano ad un essere umano appartenente alla casta dei poveri non lo mollano più sino alla sua morte.
Le sanguisughe reali si riempiono di sangue in una ventina di minuti, quelle virtuali sono insaziabili, mai appagate, e mollano la loro preda solo quando questa non ha più nulla da poter dare.
Secondo l’Istituto di Studi Politici Economici e Sociali
EURISPES

i nuovi ricchi
sono coloro che sono stati in grado di stabilire liberamente i prezzi delle merci in vendita, senza alcun controllo, di modo che sono riusciti nell’impresa di scaricare su altri soggetti – i clienti – ogni spinta inflazionistica, con ciò contribuendo ad aumentarne il tasso a scapito degli utenti, aggiungo io.
In testa a tutti i proprietari della grande distribuzione dei prodotti ed i commercianti in genere sia all’ingrosso che al dettaglio nonché tutti i liberi professionisti


i fornitori di servizi (TV, Telecomunicazioni, Informatica ed altro) nonchè le Agenzie pubblicitarie

Nonché, dulcis in fundo, i proprietari, manager ed azionisti di tutte le aziende che agiscono ancor oggi in regime di totale o quasi monopolio.
Io ne aggiungerei altri, sfuggiti più o meno casualmente, alle statistiche ufficiali:
· i componenti, soprattutto quelli che usano portare i colletti bianchi, di alcune grandi famiglie siciliane, calabresi, pugliesi, campane, operanti in tutta Italia con il più o meno tacito consenso di alcuni politici locali;

· gli strozzini e gli sciacalli;
· i furbi, furbini e furbetti.
Il quadro di questa situazione, che più che desolante lo definirei allarmante, è stato dipinto a poco a poco nel corso di un quinquennio da quell’uomo acclamato dai più, non solo da Baget Bozzo, don Gelmini e don Verzè ed altri consimili, come quello della Provvidenza.
Ma la definizione datagli è monca in quanto non hanno avuto il coraggio di aggiungere tre paroline latine che, pur nella loro sintetica espressione,hanno un immenso significato:
PRO DOMO SUA!
Con un colpo geniale, accortasi che il concetto assoluto di povertà reale non esiste, il nostro Istituto di Statistica- ISTAT – ha intrapreso la via della povertà relativa.
Io. sin da studente, ho litigato sempre con la Statistica tanto che, d’accordo con molti colleghi universitari della facoltà di Giurisprudenza, ci rifiutammo di sostenere proprio l’esame su questa materia che, pur essendo indicata nel piano di studi come “materia complementare” del primo anno di corso, presso la Statale di Milano era ritenuta come materia obbligatoria.
Gli esami complementari in tutto il corso di laurea erano tre e il 99,9 % degli studenti iscritti nell’anno accademico ‘54-’55 sostenne si tre esami complementari ma non quello di Statistica.
Al momento dell’iscrizione per l’esame di laurea fummo costretti a richiedere al Magnifico Rettore dell’epoca, il prof. De Francesco, l’esenzione da quell’esame che fu concessa a tutti.
Perché l’odio nei confronti di quell’esame ? Un testo che dopo la lettura di 10 pagine volevo buttare nel cestino perché, pur rileggendole varie volte non ci avevo capito nulla; l’unica consolazione fu quella che, come ce la fossimo trasmessa telepaticamente, l’antipatia, e quindi il suo rigetto a priori, verso questa materia fu totale.
Poi, nello svolgimento della professione ci accorgemmo che la statistica, proprio quella odiata anche da Trilussa per la storia dei polli – chi ne mangiava due ed uno zero risultava che entrambi ne avevano mangiato uno a testa – era spesso e volentieri necessaria per comprendere i flussi e l’entità di molti fenomeni attinenti la nostra vita quotidiana: quanti reati venivano commessi in Italia, quanti processi relativi a quegli eventi delittuosi venivano incardinati e quali erano i vari esiti.
Il monitoraggio dell’andamento economico del nostro Paese, di ogni nostra Regione, Provincia e città metropolitane.
I dati raccolti servivano per poter far sì che il legislatore da un lato e l’esecutivo dall’altro potessero intervenire per tentare di “sanare” le storture evidenziate dai dati statistici.
Che poi questi due poteri dello Stato lo facessero è un altro conto; quasi mai debbo dire.
Un esempio alquanto indicativo è quanto avviene oggi nel campo economico dove la forbice della disparità tra i ricchi ed i poveri è divenuta talmente ampia da poterla considerare come una priorità assoluta da risolvere, specie in questo contesto di recessione globale.
Ed in questi casi si può valutare oggettivamente l’efficienza e la capacità di un governo senza preconcetti politici di sorta.
Nella c.d. “ povertà relativa” viene collocata ogni famiglia che spende mensilmente per i consumi una somma al di sotto della soglia determinata dalla media della spesa per i consumi fatta da una famiglia di due componenti.
Stabilita questa soglia mediana , frutto dei dati rilevati su chi spende di meno e di più:
dai dati Istat rileviamo che:
-nel 2005, Il livello standard era, per esempio, di 936,58 euro al mese per una famiglia composta da due persone (la cifra cambia naturalmente al variare del numero dei componenti della famiglia: si arriva a 2.247,79 euro per le famiglie con sette e più componenti).
- nel 2006, era di 970,34 euro, e che le famiglie
in condizione di povertà relativa erano
2 milioni 623 mila,
pari all'11,1% delle famiglie residenti in Italia.
Si tratta complessivamente di 7 milioni 537 mila individui,
il 12,9% dell'intera popolazione.
nel 2007 era di 986,35 euro al mese che riguarda 2 milioni 653mila famiglie per un totale di 7 milioni e 542mila persone.
In buona sostanza le famiglie di due persone che sostengono una spesa media mensile pari o inferiore a tale soglia sono classificate come povere".
Possiamo aggiungere a questo dato di fatto che – dato Istat - più di un milione di persone oggi ricevono cibo gratuitamente, attraverso gli Enti convenzionati su tutto il territorio nazionale.
Queste indicazioni non solo dovrebbero allertare chi ha in mano le redini del potere politico ma ci fanno anche capire che il cammino per risolvere questa situazione sarà irto e difficile ma se non ci si mette subito a fornire provvedimenti oramai ultranecessari il problema della povertà andrà ad aggravarsi sino a diventare irrisolvibile.
Invece oggi si fa finta di nulla, si tira a campare su questa tematica, demandando ogni soluzione alla Divina Provvidenza.
Ma forse nemmeno a questa entità soprannaturale!
Tuttavia questa è l’Italia che gli italiani hanno voluto e molti di questi poveri hanno votato per l’attuale Premier che di questo problema non se ne fa proprio un cruccio.

Prima vengono i suoi di problemi, cosa speravate e se li è già risolti sia pure con una legge, il Lodo Alfano, che puzza di incostituzionalità lontano un miglio, Rete 4 è rimasta sulla terra nonostante due sentenze della Corte Costituzionale – ne parleremo a parte su questa vicenda - ed una delibera della Corte di Giustizia europea.
L'indagine sulla 'povertà relativa dell'Istat che si basa sul livello di spesa delle famiglie e dei singoli (e non dunque sul reddito dichiarato, parametro che può essere fuorviante per tante ragioni).
Ogni anno, tenendo conto soprattutto dell'inflazione, viene stabilito un livello mensile di spesa al di sotto del quale una famiglia viene considerata povera.
In definitiva, sempre secondo l’OCSE, appare che l’Italia è in questo campo l’ultimo dei Paesi primi e primo dei Paesi ultimi !
La forbice delineata dalla “curva di Lorenz”, che indica graficamente in maniera inequivocabile come il divario tra i ricchi ed i poveri sia aumentato in questi ultimi anni sino ad arrivare da noi al 30%di disparità mentre nel resto dell’Europa del 12 %.
Frutto questo di una scellerata politica economica dei vari governi di destra che ha sempre privilegiato gli interessi dei ricchi a discapito dei diritti dei meno abbienti, classe media compresa.
Più che le cifre statistiche parlano eloquentemente alcuni fatti i quali non possono essere smentiti dai ciarlatani di turno.
A Torino, presso il teatro Alfieri, si è svolta una “riffa” con in palio 100 mutui a tasso agevolato erogati dalla Banca Intesa Sanpaolo con garanzia del Comune in caso di insolvenza.
Si sono presentate 1.400 persone, il massimo della capienza del teatro; persone che intorno ai 30/35 anni che vorrebbero mettere su casa ma economicamente non ce la fanno.
In un suo pregiato articolo, “Se il ceto medio ruba per fame”, Silvia Balestra ci richiama il recente caso della signora di 30 anni, in stato interessante, che sottrae, in una Standa della periferia di Milano, una confezione di carne, ma viene scoperta; mentre nello stesso giorno e sempre a Milano, come contraltare, c’è la fila in via della Spiga – una delle vie in assieme a Montenapoleone - per entrare nella gioielleria Tiffany !
Mentre 15 milioni di italiani rischiano di entrare tout court sotto la soglia di povertà ed una povera donna viene denunciata per aver sottratto un genere alimentare, per lei necessario atteso il suo stato di gravidanza, il cui costo non superava probabilmente i 5 euro; lei aveva in tasca solamente 3 euro, non poteva comprarselo !
Io manderei in galera chi l’ha costretta a atto mettere in atto un simile gesto per l'incomprensibile mancanza di assistenza sociale.
Ma le priorità dell’ometto sono tutte rivolte ad altro e non abbiamo ancora visto tutto; cosa ci aspetterà alla fine del tunnell ?
Non certo rose e fiori.
L’uomo è arrogante e come tale non c’è nessuno al mondo che riesca a farlo ragionare.
Uno dei frati trappisti, a turno, non appena i confratelli si sono di sera ritirati nelle proprie celle, gira per i corridoi, bussa ad ogni porta, e dà la buona notte, ripetendo a tutti la stessa frase.
“Fratello, ricordati che devi morire”.
Occorrerebbe trovare un volontario che faccia altrettanto con tutti i componenti dell’attuale governo.
Chissà se qualcuno rinsavisca.
La speranza che le cose migliorino ci sarebbe anche se un detto ci dà un monito secondo il quale
“chi di speranza vive disperato muore”.
Ed allora tocca a noi fare in modo che la nostra Italia migliori rispetto ad oggi con l’unico sistema democratico, sia pure dimezzato per l’abolizione delle preferenze, in nostro possesso:
IL VOTO
I nostri padri latini ci hanno voluto lasciare in eredità un detto alquanto eloquente:
QUISQUE FABER FORTUNAE SUAE
-ognuno è artefice della propria fortuna-
Tenetelo ben a mente !






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