mercoledì, gennaio 21, 2009

Al di là dell'umana incoscienza

                                                                                                                    

   AL DI LA’ DELL’UMANA INCOSCIENZA


La crisi?

Bazzecole. Il nostro premier parla dal luogo meno indicato, il Pio

 Albergo Trivulzio di Milano, là dove cominciò Tangentopoli.

E cerca, come al solito, di fare l’ottimista.

«Il governatore della Banca d'Italia e anche l'Europa ci dicono che quest'anno il Prodotto Interno Lordo registrerà il 2%  in meno.

Ciò significa che torneremo indietro di due anni e non mi sembra che due anni fa si stesse così male».

Era lì per l'inaugurazione della ristrutturazione di un reparto dedicato alla madre, che in suo onore si chiamerà “Mamma Rosa”, come se Rosa Berlusconi sia esistita solo come mamma di Silvio.

Ma il premier ha continuato:

«Forse - ha spiegato Berlusconi - è necessario un momento di riflessione in un'epoca di consumismo».

«La profondità della crisi - ha aggiunto - sta nelle nostre  mani. Bisogna aver paura di avere troppa paura».

Secondo Berlusconi, è necessario quell'ottimismo che incentivi i consumi non solo tra gli italiani ma anche tra i francesi e i tedeschi «che sono i maggiori consumatori dei nostri prodotti».

«Bisogna dare - ha concluso - il nostro piccolo contributo perchè questa crisi non sia troppo tremenda».

Berlusconi ha poi parlato anche del tema pensioni.

«Non cambieremo il sistema pensionistico, ma l'Europa ha ritenuto che ci sia una discriminazione nel far andare le donne in pensione a 60 anni, ovvero cinque anni prima degli uomini». Il Presidente del Consiglio ha, quindi, spiegato l'intenzione di non cambiare il sistema pensionistico, perchè «non è che 

ogni Governo può cambiarlo», sottolineando tuttavia che probabilmente «l'Europa ci obbligherà a rivederlo ritenendo discriminatorio che le donne vadano in pensione cinque anni prima degli uomini».

 

 Ma lui, prima di uscire da uno dei suoi molteplici palazzi o ville che siano, pare che se lo dimentichi di portarselo dietro.

«Parole sorprendenti»

ha commentato il segretario del Pd, Walter Veltroni.

«Il presidente del Consiglio dice che un meno 2 per cento di Pil non è un problema, forse non sa che quelli sono posti di lavoro, piccole e medie imprese che chiudono, una parte del paese che va in crisi.

I dati dicono - conclude Veltroni - che un lavoratore su 10 rischia il posto, due milioni di precari sono in discussione.

Serve un grande piano di contrasto alla crisi ma il governo italiano non fa nulla».

Chi ha avuto modo di leggere  qualche giorno fa il mio post

LE QUATTRO CANDELE

avrà compreso come sia la speranza di un mondo migliore quello che fa sopravvivere l’uomo, non l’ottimismo proprio quando la situazione è tragica.

Quella che avete letto è una parabola moderna scritta da chi sa valutare esattamente i pericoli cui andiamo incontro.

Rannicchiati nei rifugi durante in bombardamento c'erano persone che per la paura uscivano letteralmente di senno e ciò mi impressionava più dell'esplosione delle bombe e dei muri che tremavano ad ogni loro scoppio.

La domanda che mi proponevo continuamente era se fossi riuscito a vivere in un prossimo domani liberi, senza paure, senza dover scappare in un rifugio: non avevo fiducia, data la situazione, ma una grande speranza ed è stata questa speranza che ha fatto vivere milioni di italiani, grandi e piccoli che fossero.

Oggi la Repubblica dà al pezzo con il quale riporta il discorso di insediamento di Obama  il seguente titolo:

“HA VINTO LA SPERANZA”

E’ pur vero che in periodi come quelli attuali di crisi economica occorre infondere fiducia ma come può un qualunque cittadino credere alle parole di uno che, scimmiottando il suo amico – fortunatamente ex in tutto – Bush in siffatto invito rivolto agli americani, sino ad ieri invitava gli italiani a comprare, comprare, comprare anche indebitandosi.

Sono fallite banche che non riuscivano a recuperare il credito devoluto, molti hanno perso addirittura la propria casa ed altri ancora sono precipitati nella più disastrosa povertà, molti ancora hanno perso il posto di lavoro.

Altri ridono a fronte di un simile disastroso scenario, oramai ne abbiamo sin sopra i capelli dello stereotipo della iena ridens anche a fronte di questo dramma di portata universale.

Ma altri governi  hanno provveduto od almeno tentato di contenere i danni diretti ed indiretti che questa crisi sta causando e nonostante ciò crollano le Borse; da noi si ride, si raccontano barzellette mentre migliaia e migliaia di  posti di lavoro sono in bilico e non solo nel precariato e nei contratti a termine.

La storiella di Kaka sembra creata apposta per distrarre i suoi elettori; quanti punti oscuri in questa vicenda !

Parrebbe  tout court uno dei soliti polpettoni delle sue televisioni.

Lui intanto ride mentre altri……

Leggete, leggete…, presi a caso da alcuni quotidiani del Nord:

Quando si ruba o si protesta per fame

C’è chi s’intasca due etti di prosciutto, chi porta via settecento grammi di parmigiano reggiano. Chi una scatola di cioccolatini o due uova prelevate dalla confezione da sei. E persino chi s’infila in tasca la pasta adesiva per dentiere. Insomma, furti per necessità. Nei supermercati . Sempre più visitati dagli anziani, che ormai manco arrivano più a metà mese. La pensione non basta più. A volte neppure per grattare un po’ di parmigiano sulla pasta e tener incollate le protesi in bocca. Il dato di cronaca, noto più a (comprensivi) commercianti che alle forze dell’ordine, è preoccupante. Molto maggiore di quando non si possa pensare perché, spesso, chi viene fermato alle casse con merce non pagata, se è una persona anziana, non viene denunciata. Come dire: il furto resta pur sempre un reato, ma a volte, dietro questi tentati colpi al supermarket, si nascondono storie che non possono essere spiegate solo con il codice penale. Sono storie alla Umberto D., il protagonista del film di Vittorio De Sica che, dopo aver lavorato per tutta la vita come funzionario di un ministero, si trova di colpo con una pensione che non gli consente di andare avanti. Solo che la storia di Umberto D. si svolge nell’immediato dopoguerra. Non ai giorni nostri. «Ne fermiamo tantissimi, - conferma Antonio Nardozza, 45 anni, uno dei soci della società che gestisce i cinque punti vendita Conad a Genova - ma non li denunciamo quasi mai». Se non si tratta di pietà certo c’è della comprensione. I sistemi di sorveglianza funzionano sempre. Solo che, spesso, chi viene fermato paga quello che ha preso e la cosa finisce lì. Solo quando la quantità di merce rubata supera una certa cifra, scatta la denuncia.

Più di trecento pensionati hanno protestato ieri contro le misure adottate dal governo:

«Social card e bonus famiglia sono insufficienti»

Con striscioni, bandiere e cartelli, i pensionati scendono in piazza per contestare l’inadeguatezza dei provvedimenti presi dal Governo. La manifestazione organizzata in tutto il Piemonte da Spi-Cgil, Fnp Cisl e Uilpensionati, in città è iniziata con un sit-in nell’atrio della stazione ferroviaria. Oltre trecento i partecipanti, provenienti da tutte le zone della provincia. «Vogliamo l’aumento delle pensioni per il rilancio dei consumi», «Siamo stanchi e preoccupati, paniere Istat per i pensionati», «Subito la legge per la non autosufficienza».

(invece avremo subito la legge contro i giudici; il resto…e chi se ne frega – ndr)

Questi gli slogan gridati a richiamare la vertenza unitaria dei pensionati che si sono poi avviati in corteo verso piazza Garibaldi dove, in concomitanza con il mercato settimanale, si è svolto un volantinaggio. Soddisfatti i segretari provinciali sindacali Cesare Ponzano, Rosina Partelli e Alberto Pavese: «La manifestazione è riuscita in quanto, al di là dei direttivi convocati dalle nostre organizzazioni, l’affluenza è stata superiore alle aspettative. Questo grazie alle nostre leghe zonali che hanno partecipato con entusiasmo a un’iniziativa volta a rilanciare il trema della fragilità economica e sociale dei pensionati».

I sindacalisti ribadiscono: «Si tratta di una prima manifestazione organizzata per sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che i provvedimenti del Governo, ovvero social-card e bonus famiglie, non soddisfano per nulla i pensionati». Sono misure «puramente assistenziali, non in grado di incidere sulla reale rivalutazione delle pensioni e sul recupero del loro potere d acquisto, che in questi anni ha perso più del 30 per cento».

Sempre più persone sono costrette a vivere in strada. «Io, ex comunale, devo dormire nel retrobottega»

Vivere in un garage, in un retrobottega o dove capita. È un destino comune a un numero sempre maggiore di albenganesi. L’ultima storia è quella di una ex dipendente comunale

«Ho sempre lavorato, pagato le tasse e non ho mai chiesto nulla a nessuno – racconta la donna - Poi, dopo la separazione da mio marito, sono rimasta senza nulla. Vivo in un retrobottega che mi è stato messo a disposizione da un’amica, ma non è certo una vita dignitosa». La donna ha ovviamente presentato domanda all’Arte ed ha chiesto una casa a ogni tipo di ente, ma senza esito. Nella graduatoria per le case popolari è attorno alla ventesima posizione su più di duecento domande presentate. Una buona posizione ad uno sguardo distratto, in realtà una posizione drammatica, perché prevedibilmente non le permetterà di avere una casa nei prossimi due o tre anni.

Situazione simile a quella di Franco, ex commerciante albenganese che dopo la rottura del matrimonio si è trovato in difficoltà.

«Senza casa e senza negozio – racconta - e senza aiuto. Pensare che finché ho avuto l’attività e qualche soldo in tasca tutti mi cercavano, adesso quasi mi evitano. Ho seri problemi di salute e non posso continuare a vivere dove capita. Per un po’ sono stato in un magazzino, poi ho trovato una casa a Loano, ma è una sistemazione temporanea perché stanno cominciando una ristrutturazione e devo andarmene. Ho chiesto più volte al comune, e sempre mi hanno detto che avrebbero trovato una soluzione, ma una casa non l’ho ancora». Un altro albenganese viaggia in treno su e giù per la Liguria, non per visitarla, ma per dormire in un posto coperto, e recentemente altre tre famiglie hanno lanciato appelli accorati per avere un tetto sopra la testa. Anche il dramma familiare di sabato scorso (l’accoltellamento di una donna marocchina da parte del marito) è avvenuto in un garage perché quella famiglia una casa non l’ha più, e le storie sconosciute superano certamente di gran lunga per numero quelle note.

Secondo l’amministrazione comunale e l’Arte le case non ci sono, nel senso che quelle che ci sono sono tutte occupate, se ne liberano sempre meno e le domande aumentano. Nel regno delle seconde case può sembrare irreale, ma è così. Un paio di progetti o di proposte per fare case popolari ci sono, ma inspiegabilmente sono nel dimenticatoio da mesi, per non dire da anni.

Ma se si pensa che il problema della casa e della povertà riguardi solo Albenga ci si sbaglia di grosso. Nella ricca Alassio c’è Mario, disoccupato che si arrangia a fare qualche lavoretto ed ha moglie e figlia con problemi di salute.

«Andare avanti è sempre più difficile - racconta -. Corro da un ospedale all’altro, e ormai riesco a lavorare poco. Devo accudire io mia moglie e mia figlia perché l’assistenza infermieristica praticamente non esiste. L’unica cosa che abbiamo ottenuto è un contributo comunale per l’affitto, ma i nostri problemi sono ben più grandi».

In un’altra località della riviera c’è Paolo. Lui una casa ce l’ha ma rischia di perderla perché non può pagare il mutuo. Fa il camionista, o meglio lo faceva perché il lavoro fisso lo ha perso qualche mese fa, per un po’ ha tirato avanti con qualche viaggio saltuario, ma da un po’ di tempo la situazione è peggiorata. «Con la crisi che c’è il lavoro è sempre meno per tutti – conferma -. È difficile trovare qualcosa. Ho il frigo vuoto e non so come pagare il mutuo». Una situazione che rischia di diventare comune a molti, perché di questi tempi le aziende in difficoltà sono diverse, e molti lavoratori a termine si sono già ritrovati a casa, col rischio di essere seguiti anche da chi aveva un contratto a tempo indeterminato. Insomma, anche il ponente savonese, una delle tradizionali ‘casseforti’ della Liguria sembra correre il rischio di essere assediata dalle nuove (e vecchie) povertà.

In seria difficoltà nel savonese il settore metalmeccanico, quello del turismo e l’indotto delle auto. Nel capoluogo rischia di chiudere una agenzia della Adecco

Il vento della crisi che da ormai alcuni mesi soffia con insistenza anche sul savonese non risparmia nessuno, neppure il comparto del lavoro interinale. Dove nelle ultime settimane le richieste ed i contratti di lavoro si sono ridotti di circa il cinquanta per cento. Un autentico crollo che, come annunciato ieri dalla Filcams Cgil di Savona, potrebbe portare nel giro di poco tempo alla chiusura di una filiale Adecco, una delle agenzie specializzate in questo genere di contratti per il lavoro “in affitto”.

E a lanciare il grido di allarme sono stati proprio i responsabili provinciali della Filcams Cgil i quali non hanno esitato a denunciare come la crisi stia facendo sentire i propri effetti devastanti un po’ in tutti i settori ma in modo particolare, soprattutto per quanto riguarda il savonese, in quelli legati agli appalti nel comparto metalmeccanico e in quelli del turismo e del commercio. «In questi ultimi mesi - sottolineano i responsabili provinciali del sindacato - stiamo affrontando una grave contrazione dei posti di lavoro, sia per l’apertura di “crisi aziendali” con conseguenti licenziamenti, sia attraverso la riduzione dei contratti a tempo determinato offerti nell’ambito di questo settore. Emblematica della gravità della situazione è la prospettata chiusura di una filiale Adecco».

La crisi, dunque, anche per quanto riguarda il savonese non sta risparmiando neppure il lavoro interinale, dove i contratti di lavoro sono crollati nel giro di poche settimane di circa il cinquanta per cento. «Inutile negarlo - sottolinea Federico Podestà, responsabile commerciale dell’agenzia Tempor Spa di Savona, una delle più importanti della città - il momento che stiamo vivendo non è certo dei migliori. In linea generale le aziende si trovano alle prese con gravi problemi di carattere economico e naturalmente diminuisce la richiesta di lavoratori, compresi quelli con contratti interinali. Mi sembra che la notizia del momento di crisi in cui si trova la Adecco, una delle aziende leader a livello nazionale nel settore, confermi in pieno le difficoltà del momento. Per quanto riguarda il savonese, almeno secondo i dati in possesso della nostra agenzia, credo di poter dire senza timore di smentite che il calo percentuale registrato nelle ultime settimane nei contratti di lavoro interinale si aggiri intorno al cinquanta per cento. Una crisi che sino a questo momento ha interessato soprattutto il comparto metalmeccanico, mentre altri settori sino ad ora ne hanno risentito un po’ meno. Ma le preoccupazioni maggiori riguardano il futuro, perchè in prospettiva vi saranno delle grosse difficoltà soprattutto nel settore dell’indotto dell’auto».

«È evidente che il momento non sia dei migliori - afferma invece Francesco Maria Gallo, direttore delle relazioni esterne della Man Power - ma la nostra agenzia ha cercato di anticipare le conseguenze della crisi. Da oltre un anno abbiamo infatti cambiato le nostre strategie, sapendo benissimo che il 2008 sarebbe stato l’inizio di un periodo difficile che sarebbe durato per tutto il 2009. La crisi c’è, inutile negarlo, ma da parte nostra stiamo cercando di cavalcarla nel miglior modo possibile e i risultati che sino ad ora siamo riusciti a ottenere ci stanno dando ragione».

Un momento difficile, dunque, anche per il lavoro interinale e per superare il quale dalla Filcams Cgil arrivano proposte precise. «In una situazione di crisi eccezionale come quella che stiamo vivendo - sottolinea la segreteria provinciale di Savona - le istituzioni e le associazioni che operano sul territorio hanno il dovere di dialogare e di collaborare per trovare e proporre soluzioni. Bisogna essere in grado tutti insieme di fare la fotografia della situazione e di individuare le emergenze sulle quali intervenire prioritariamente. Noi crediamo che la vera emergenza sia costituita da quei lavoratori che si trovano senza occupazione, quindi senza stipendio e senza ammortizzatori sociali».

Come se non bastasse

 C’E’ CHI SPECULA ANCORA SULLA PELLE DEI CLIENTI

Nell’ultimo anno, dopo avere ricevuto al numero 117 una cinquantina di segnalazioni su presunte irregolarità nell’esposizione dei prezzi della merce in negozi, supermarket, mercati, bar e ristoranti di Genova, i finanzieri hanno svolto numerosi controlli e riscontrato spesso la veridicità di quanto denunciato dalle gente.

Una ventina di volte, i militari hanno sanzionato i negozianti per la mancata esposizione dei prezzi (una violazione dell’articolo 114 della legge Regionale Liguria 1/2007); in alcuni casi, addirittura, è stato accertato che i prezzi battuti alla cassa erano superiori a quelli esposti al pubblico.

In queste situazioni, secondo quanto comunicato dalla Finanza, è prevista una sanzione amministrativa dai 500 ai 3000 euro, che diventano 1000 se il trasgressore si avvale del cosiddetto pagamento «in misura ridotta».

Già la celeberrima invenzione di Tremonti; costoro meriterebbero la galera altro che “pago subito e pago meno” il fio del mio reato.

Questo al nord, ed al sud ?

Peggio che andar di notte !

E lui se la ride !

 

 

 

 

 

 

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