mercoledì, aprile 01, 2009

Tanto per sapere

LA CORTE DI CASSAZIONE
DECISIONI INTERESSANTI IN TEMA
DI

MOBBING
I continui e ripetuti rimproveri al dipendente fatti sul luogo di lavoro sono una forma di mobbing e danno diritto al risarcimento del danno.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (sentenza 6907/2009) che ha confermato la condanna al risarcimento del danno biologico di € 9.500 in favore di un'impiegata che per nove mesi era stata oggetto di ripetuti rimproveri davanti ai suoi colleghi di lavoro.
La vicenda si era conclusa anche con il licenziamento.
Già la Corte d'Appello di Milano aveva ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro riconoscendo alla donna i danni per aver subito mobbing e ciò sulla base della considerazione che i rimproveri orali da parte dei superiori venivano effettuati con toni pesanti ed in modo tale che potessero essere ascoltati anche dagli altri colleghi di lavoro.
La donna, che era stata assunta come centralinista per poi passare alla gestione dei cartellini e alla elaborazione delle agende dell'azienda, era stata presa di mira dalla responsabile dell'azienda che le aveva anche consigliato di trovarsi un nuovo lavoro.
Ne erano seguite tre contestazioni che avevano poi portato al licenziamento.
I giudici di merito avevano ritenuto eccessivo il provvedimento di espulsione ed avevano accordato anche il richiesto risarcimento sulla base del fatto che i continui rimproveri le avevano procurato un danno biologico.
Ricorrendo in Cassazione l'azienda aveva sostenuto che la donna era stata licenziata perché non avrebbe eseguito con diligenza le prestazioni che le erano state affidate e che i richiami che avevano condotto al licenziamento erano derivati “dall'errata compilazione del prospetto trimestrale delle presenze e delle assenze di un dipendente, dall'errata aggiornamento della gente aziendale e dalla sbagliata distribuzione della posta”.
La Corte ha respinto il ricorso ritenendo corretta la valutazione dei giudici di merito anche in relazione al fatto che le vessazioni da parte della societa' nei confronti della dipendente sono da considerarsi tali dal poter dar luogo al risarcimento dei danni da mobbing.

CONTRAVVENZIONI STRADALI

Una foto scattata ad un automobile che passa con il semaforo rosso non basta per fare una contravvenzione.
Ci deve essere anche il vigile.
Parola di Cassazione.
La Suprema Corte, con sentenza n.7388/2009 ha infatti stabilito che per fare la multa è necessaria la presenza di un agente sia perchè questi ha l'obbligo di fare la contestazione immediata, sia perchè, in sua mancanza, non è possibile verificare le effettive situazioni in cui l’apparecchio di rilevamento opera e ciò potrebbe dare luogo ad equivoci.
D'ora in avanti dunque gli apparecchi fotografici di rilevamento automatico istallati nei pressi degli incroci potrebbero servire a poco a meno di non garantire per ognuno di essi la presenza di chi è abilitato a fare contravvenzioni. In un primo momento il caso era stato preso in esame dal Giudice di Pace che però aveva dato torto all'automobilista. Di diverso avviso la Corte che ha accolto in pieno il ricorso ribadendo la necessità della presenza in loco degli agenti.

da Studio Legale Cataldi

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