mercoledì, maggio 27, 2009

Pro veritate,dogma giornalistico

A Perugia il premio Pulitzer Hersh attacca la vecchia politica di Bush, e non risparmia Obama

Tra gli eventi più attesi del Festival di giornalismo di Perugia

 È stato uno degli eventi più attesi del Festival Internazionale del giornalismo di Perugia.

Per la prima volta in Italia si è tenuta una Lectio Magistralis presieduta da Seymour Hersh, tra i più noti giornalisti investigativi al mondo, firma di punta del prestigioso settimanale The New Yorker.

Per chi è appassionato di inchieste "scomode" è stata un'occasione unica potersi confrontare il 4 aprile con un maestro del genere durante l'incontro "Bush, l'attacco alla Costituzione americana, la complicità dei media".

Nel 1968 in Vietnam si combatteva una delle guerre più cruente della storia.

In questo scenario i soldati americani della Compagnia Charlie, undicesima Brigata di Fanteria Leggera, compirono a My Lai (800 chilometri a nord di Saigon) un massacro ai danni di donne, vecchi e bambini.

La violenta rappresaglia finì solo grazie all'intervento di altri soldati statunitensi che si trovavano nella zona in ricognizione.

La strage di civili, avvenuta secondo fonti militari perché gli abitanti del villaggio avrebbero ospitato i ribelli del Fronte Nazionale per la liberazione del Sud Vietnam (i Vietcong), venne fatta passare come la conseguenza di una battaglia tra comunisti e americani.

Solo grazie ad Hersh, successivamente, il mondo ha conosciuto quanto accaduto quel 16 marzo del 1968.

L'inchiesta condotta da Hersh portò ad un diffuso senso di condanna nei confronti dell'operato dei soldati statunitensi e contribuì a ridurre il supporto dell'opinione pubblica americana alla guerra in Vietnam.

Grazie a questa inchiesta Hersh vinse nel 1970 il premio Pulitzer, entrando così nella storia del giornalismo mondiale.

Qualche anno più tardi, nel 2004, troviamo di nuovo Hersh ad affrontare un'altra inchiesta.

Questa volta riguardante le torture subite dai prigionieri nel carcere militare di Abu Ghraib, in Iraq. Responsabili di nuovo i militari americani persecutori, oltre che carcerieri, di persone indifese.

Il rapporto portò ad una inchiesta sugli abusi subiti dai prigionieri.

Hersh nei sui articoli scrisse che le torture erano parte di un programma probabilmente approvato dal segretario della difesa Donald Rumsfeld.

Bush e i membri della sua squadra accusarono un duro colpo.

Hersh è riuscito a mostrare al mondo  come l'amministrazione Bush aveva toccato il fondo, deluso le persone.

Ma allo stesso tempo ha dimostrato come la stampa sia spesso eccessivamente pigra.

Quale dovrebbe essere il giusto rapporto tra potere e media?

"Il potere oggi sceglie le sue strategie. Spesso la politica controlla i media e questi ultimi si fanno pilotare dalla politica. Questo non è possibile in qualsiasi paese democratico",

ha detto Giampiero Gramaglia (direttore ANSA) prima di presentare Hersh al pubblico del Teatro Pavone di Perugia.

"Sono accadute cose incredibili nel mondo, nulla è più come prima", afferma Hersh appena dopo aver preso la parola.

E oltre ad essere molto critico con l'amministrazione Bush, il premio Pulitzer non ci pensa due volte e attacca anche il nuovo Presidente degli Stati Uniti Obama sulla sua politica nei confronti dell'Afghanistan.

"Obama non ha ottenuto quasi nulla dal G20 di Londra e ha cercato solo di convincere Francia e Inghilterra ad inviare più soldati in Afghanistan.

Ma io vi dico che non c'è nessuna possibilità di vincere quella guerra.

L'unica cosa certa è che ciò che è avvenuto è stata una pulizia etnica, come del resto è successo lo stesso anche in Iraq".

La stampa mentre accade tutto questo dov'è?

Fare il giornalista, ha spiegato Hersh, è una professione.

È un po' come essere un medico.

Ogni persona che vorrebbe fare questo mestiere prima di tutto dovrebbe capire che l'orientamento politico non plasma la storia.

La storia va raccontata senza omettere nulla.

Essere un giornalista vuol dire distaccarsi dalla politica e avere il coraggio di raccontare la verità. "Io ho avuto il coraggio di raccontare, denunciare.

All'inizio le mie storie nessun giornale voleva pubblicarle.

Ma io ho continuato a lavorare finché qualcuno non ha pubblicato i miei articoli", ha detto Hersh. Che ha aggiunto, riferendo le parole confidategli dalla mamma di un ragazzo che aveva combattuto in Vietnam,

"Io ho dato un bravo ragazzo. Mi hanno restituito un omicida".

Questo è quello che la nostra società produce, ha sottolineato Hersh concludendo con un attacco diretto ad Obama e alla stampa mondiale:

"Il nuovo Presidente degli Stati Uniti sta facendo errori in Afghanistan.

Piuttosto che mandare migliaia di soldati dovrebbe trovare delle valide alternative.

E la stampa dovrebbe parlare di questo, perché è il suo lavoro.

Non bisogna dipendere dal potere, dai presidenti ma agire con professionalità come un medico farebbe con il suo paziente".

Come ha dichiarato a La Repubblica, la ricetta per un buon giornalismo è essere curiosi, corretti e trasparenti.

"Mai cercare scorciatoie. E se fai un errore devi ammetterlo e correggerlo il prima possibile".

La differenza, per non ripetere gli errori fatti in passato dai media, potrà farla solo un giornalismo vero, serio, che tratta realmente i fatti.

Il giornalismo che ha sempre fatto Hersh, senza seguire la politica e il potere.

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E’ da ringraziare questo grande giornalista per la lezione che ha dato alla stragrande maggioranza dei nostri giornalisti, specie a quelli che sono al servizio di S.M. perché scrivono sulle sue testate o per una innata viva simpatia nei suoi confronti, nascondendo ai loro lettori notizie controproducenti nei confronti del capo o addirittura, cambiandone il senso, addomesticandole.

Fortunatamente qualcuno resiste al di là delle barricate e dobbiamo essere a loro grati se vengono messe a nudo le questioni ed i problemi altrove taroccati.
Perché siano di dominio pubblico i veleni e le nefandezze che bollono nel pentolone dello stregone di turno.

UNA INFORMAZIONE SENZA LIBERTA'

E'

DISINFORMAZIONE

 

 

 

 

 

 

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