giovedì, settembre 17, 2009

Entra la Corte

LA CONSULTA ed il LODO ALFANO

L’udienza di discussione si avvicina a rapidi passi;

il 6 ottobre è oramai molto vicino e

l’Avvocatura dello Stato, a mezzo dell'avv. Claudio Mori, ha presentato, a difesa della costituzionalità della legge blocca- processi - eventualmente in corso od in istruttoria senza ancora una sentenza di rinvio a giudizio - a favore per il Premier ed altre tre alte cariche dello Stato.

Tale memoria consta di 21 pagine per la qual cosa ne traggo gli spunti i più appariscenti ed importanti, alcuni dei quali, per non dir tutti, si basano non su questioni di diritto bensì di opportunità che, a dire il vero, esulano del tutto dalla questione prettamente giuridica messa in discussione dal ricorso alla Consulta.

Eppure la questione sollevata è di una chiarezza lampante.

Si vuole sapere se questo Lodo leda o meno qualche dettato costituzionale, in particolare l’ artt. 3 della Costituzione.

Ne vado a ricordare il contenuto:

art. 3 – comma 1

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Questa norma viene del tutto dimenticata da quello che è il perno centrale della memoria difensiva.

Viene del tutto elusa, motivando la sua congruenza del Lodo Alfano con le nostre altre leggi con una dissertazione circa l’inopportunità dell’emissione di una sentenza caducativa in toto di questa discussa, nel male e nel bene, normativa, in quanto, nella denegata ipotesi di accoglimento del ricorso, si produrrebbero effetti negativi per la nazione.

In particolare:

"ci sarebbero danni a funzioni elettive, che non potrebbero essere esercitate con l'impegno dovuto, quando non si arrivi addirittura alle dimissioni.

In ogni caso con danni in gran parte irreparabili".

Motivi di ragionevolezza e di opportunità ma niente d’altro di giuridicamente valido.

Se invece la legge ("non solo legittima, ma addirittura dovuta") venisse bocciata dai giudici della Consulta, c'è il pericolo che ripeta quanto accadde a Giovanni Leone quando lasciò anzitempo il Quirinale perché travolto dalle polemiche sullo scandalo Lockheed.

Ma del suo allontanamento volontario nessuno ebbe a soffrirne se non i familiari dell’ex Capo dello Stato che, peraltro, ho sempre ammirato nelle sue vesti di docente di diritto ma non nell’altra di Presidente della Repubblica.

E non accadde nulla, la nostra Repubblica aveva e spero che abbia ancora valide basi giuridiche che cancellino la pletora di leggi ad personam fatte su misura per un personaggio che naviga in pieno conflitto di interessi.

Il Lodo Alfano gli ha preparato una navigazione in acque tranquille ma ciò è contro gli interessi di tutti i cittadini, particolarmente di coloro che hanno anch’essi attività imprenditoriali simili a quelle del Premier.

Ma l’avv. Nori scopre, involontariamente, il vero motivo per cui fu confezionato il Lodo non tanto lodevole.

Berlusconi lo volle, fortissimamente volle, per evitare

“Una eccessiva esposizione del processo sui media unita alla lentezza della giustizia italiana rappresentano un'ulteriore danno all'immagine pubblica del premier.

"Sono rari - sottolinea ancora il legale - i processi penali che si concludono dentro il tempo di una legislatura (ancor di più, di un mandato di un Presidente del Consiglio dei ministri); di conseguenza quest'ultimo si trova esposto al rischio di subire per tutta la durata della carica i danni conseguenti".

Lasciamolo divertirsi a fare il tiranno come meglio crede.

Non lo afferma la tesi difensiva ma lo pensano milioni e milioni di italiani.

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