mercoledì, settembre 09, 2009

La ricostruzione in Abruzzo sotto tiro delle mafie


L'ombra della mafia sui cantieri abruzzesi del progetto

C.A.S.E.

Ma, nel caso in cui qualcuno non lo sapesse ancora, lo spiegherò alla bella e meglio

In poche righe.

C.A.S.E.

è l’acronimo di

“Complessi antisismici sostenibili ed ecocompatibili».

Il piano, cioè, voluto ed approvato dal Governo per la ricostruzione in Abruzzo, in virtù del quale, entro il lasso di tempo di mesi sei, ben 13mila persone dovrebbero passare dalle tende alle case.

Il costo ? Una bazzecola stimata fra 500 e 700 milioni di euro.

E’ una vera e propria ricostruzione su nuove basi; una piastra di cemento ad alta tecnologia giapponese, in caso di movimenti sismici dovrebbe assorbire la loro forza d’urto, scaricandola poi non sull’immobile ma altrove.

Questa è l’idea del progetto circa la costruzione delle case su un piano verde

RICOSTRUZIONE

Bella parola ed i senza tetto sperano.

La mafia pure, da brava ed onorata società.

Zone d'ombra, più che inquietanti, incombono di già su il “business” della ricostruzione.

Già a partire dai primissimi appalti si sarebbe infiltrata la malavita organizzata, in particolare la mafia siciliana e la camorra napoletana.

Il tutto prevedibilissimo in quanto è questo il copione di quanto è avvenuto ed avviene in Italia allorchè si tratta di incamerare fondi di una certa consistenza.

Poi, magari, si usano per locupletare guadagni maggiori, facendosi un baffo dei capitolati d’appalto, materiali scadenti.

Prassi questa oramai consolidata dove la piovra estende i suoi tentacoli.

Sono 300 le ditte di cui la magistratura sta verificando l'affidabilità del certificato antimafia, in alcuni casi rilasciati, questa l'ipotesi, in modo molto sospetto e improprio.

Tra queste la IGC di Gela, già oggetto di una interrogazione del senatore Pd Giusepe Lumia.

La ditta sta lavorando in subappalto al cantiere del progetto C.A.S.E. di Bazzano (AQ).

Il certificato antimafia, negatogli a primavera, gli è stato concesso appena due settimane fa, ma il titolare Emanuele Mondello, è accusato da due pentiti di mafia.

Ha ottenuto due subappalti anche l'imprenditore Dante Di Marco, ma non ancora il certificato anti-mafia.

Di Marco è socio fondatore della Marsica plastica srl, assieme ad Achille Ricci, arrestato poche settimane prima del terremoto con l'accusa di aver riciclato il tesoretto del defunto boss Vito Ciancimino, per realizzare il villaggio turistico Alba d'Oro a Tagliacozzo.

Altri soci fondatori della ditta che concorre in queste ore a ricostruire l'Aquila sono nomi noti alla magistratura siciliana:

Giuseppe Italiano, citato nei pizzini del boss Antonino Giuffrè e Ermelinda Di Stefano, moglie del commercialista dei boss Gianni Lapis e custode del tesoro di Ciancimino.

Si indaga anche sugli appalti legati ai bagni chimici, dietro cui si sospetta un qualche ruolo della camorra.

La magistratura chiede rinforzi in quanto il loro organico è carente di magistrati.

Il ministro Alfano ha promesso l’aiuto, sollecitato in ciò anche dal Procuratore Capo Antimafia dr. Grasso.

Speriamo; non vorremmo che anche in questa occasione vincesse il vecchio detto

CHI DI SPERANZA CAMPA DISPERATO MUORE.

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