lunedì, settembre 28, 2009

La vita del sig. B - 11

SILVIO STORY

11

LE RELAZIONI PERICOLOSE

di

Claudia Fusani.

Vittorio & Marcello, il guru di Publitalia e lo stalliere di Arcore, il senatore fondatore di Forza Italia e il boss che numerosi pentiti hanno indicato come il cassiere di Cosa Nostra, l’erede di Pippo Calò.

Marcello Dell’Utri e Vittorio Mangano, le amicizie pericolose di Silvio Berlusconi eppure coltivate e mai rinnegate dal Cavaliere.

Un intreccio così complesso e scivoloso che occorre sapere a che punto è adesso la storia prima di raccontarla dall’inizio.

La situazione dell’amicizia oggi è questa:

Mangano è morto a 60 anni il 23 luglio 2000 agli arresti domiciliari, scontando una condanna all’ergastolo per un duplice omicidio, associazione mafiosa, traffico di droga e estorsione;

Marcello Dell’Utri è stato condannato in primo grado l’11 aprile 2004 (un dibattimento lungo sette anni) a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, una condanna che si somma a quella per false fatture e frode fiscale (2 anni e 3 mesi) quando era amministatore delegato di Publitalia.

E’stato dichiarato precritto il procedimento per minaccia con il boss Virga ed è da pochi giorni che è iniziato il processo in grado s’appello e tra breve ci sarà la sentenza di secondo grado per mafia.

Berlusconi non ha a che fare con tutto ciò.

Tirando il filo di Dell’Utri, sono stati entrambi indagati, prima a Firenze (Autore 1 e Autore 2) poi a Caltanissetta (Alfa e Beta) per concorso esterno nelle stragi di mafia del 1993 (Firenze, Roma e Milano).

Alcuni pentiti chiave li hanno chiamati in causa come mandanti politici delle stragi. Ma entrambe le inchieste sono state archiviate perchè le prove erano «insufficienti» e le dichiarazioni dei pentiti «senza riscontro».

Disavventure che non possono certo intaccare un’amicizia e un sodalizio che comincia a Milano alla fine degli anni cinquanta.

Otto anni dopo la morte di Mangano, Berlusconi e Dell’Utri, hanno detto che «Mangano a suo modo è stato un eroe» perché pur malato terminale di tumore «si è rifiutato di inventare dichiarazioni (contro Berlusconi o lo stesso Dell'Utri, ndr) nonostante i benefici che ciò avrebbe potuto portargli».

Una rivendicazione postuma e non richiesta.

Marcello e Silvio s’incontrano la prima volta nel chiostro del collegio Torrescalla a Milano nel 1961, matricola in arrivo da Palermo il primo, laureando il secondo. Un’amicizia benedetta dall’Opus Dei e dal dio pallone.

La prima cosa che fanno insieme è proprio una squadra di calcio, la Torrescalla-Edilnord, Marcello allena, Silvio fa - manco a dirlo - il presidente, Paolo Berlusconi allena.

Solo di recente, nel processo di Palermo, è saltato fuori che il giovane Marcello, neo laureato in legge, è stato impiegato della Edilnord ai tempi di Brugherio (1964-1965) con la qualifica di «segretario del presidente Berlusconi».

Un particolare sempre omesso che invece per i giudici assume significato perchè «negli anni Settanta e Ottanta la banca Rasini (il primo finanziatore di Berlusconi, ndr) è stata crocevia di interessi della malavita milanese e di Cosa Nostra».

Dell’Utri si sposta per tre anni a Roma (dal ‘65 al ‘67) come direttore sportivo del Centro Ellis dell’Opus Dei e poi a Palermo, dipendente di una microscopica banca e direttore sportivo della Athletic club Bacicalupo, un’altra squadra di calcio.

E qui che conosce, «erano tifosi, commerciavano in cavalli», Gaetano Cinà e Vittorio Mangano.

All’epoca due giovanotti del mandamento di Porta Nuova, quello del ferocissimo clan Inzerillo.

Nel 1996 sono tra i coimputati di Dell’Utri nel processo per associazione mafiosa.

Silvio e Marcello sembrano essersi persi di vista.

Anche fisicamente lontani, uno a Palermo, l’altro a Milano.

E qui succede come nei film.

La vulgata narra che «una mattina Dell’Utri senta squillare il telefono mentre alzava la serranda della banca.

“Pronto Marcello, ti ricordi di me?

Sono Silvio Berlusconi.

Senti, sono qui in rada, ho la barca pronta per salpare, ti va di venire su al nord a lavorare con me?».

Dell’Utri non se lo fa ripetere due volte, chiude tutto e raggiunge l’amico al porto di Palermo.

E’ il 1974.

Approda ad Arcore, alla villa San Martino, a seguire i lavori di ristrutturazione.

Dove, pochi mesi dopo, lo raggiunge Vittorio Mangano con il ruolo di stalliere e autista per i figli di Berlusconi.

Nel 1974 a Palermo Mangano è già noto come uomo d’onore: è passato dalla prigione tre volte per estorsione, minacciava le vittime inviando scatole con dentro teste di cane mozzate.

Non male per un angelo custode che doveva portare i bambini a scuola.

11- continua

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