martedì, settembre 22, 2009

La vita del sig. B - 5

Silvio Story - 5

Azzaretto, Rovelli, Popolare Lodi:

tutti i padroni della Rasini

di

Claudia Fusani

Ma torniamo in piazza Mercanti e seguiamo le sorti della microbanca Rasini.

La Milano del boom economico poi della crisi e del terrorismo prima della Milano da bere è una città amministrata ininterrottamente dai primi anni sessanta da sindaci di area socialista, da Bucalossi fino a Pillitteri.

Fino a Mani Pulite.

In questo contesto tra il 1961 e il 1972 sono inviati al soggiorno obbligato in Lombardia 372 mafiosi che costruiscono una fitta rete d’affari criminale.

Molti di questi nomi compaiono nell’informativa della Criminalpol (rapporto 0500/C.A.S del 13 aprile 1981), duecento pagine sulle indagini sulla mafia a Milano e in Lombardia e i suoi collegamenti con le famiglie siciliane e con quelle americane di Cosa Nostra.
Sulla base dei nomi, dei legami e delle intercettazioni finite in quel rapporto, la notte del 14 febbraio 1983 vengono arrestati vari imprenditori perchè legati a Cosa Nostra e si scopre che lo sportello-gioiello di piazza Mercanti serviva come lavanderia di denaro sporco.

In manette finiscono Giuseppe Bono, Antonio Virgilio, Salvatore Enea e Luigi Monti, tramite i quali erano diventati clienti della Banca Rasini i clan mafiosi della famiglia Fidanzati, Bono e Gaeta.

Virgilio e Monti hanno legami, documentati da intercettazioni telefoniche, con Vittorio Mangano, il mafioso palermitano assunto come stalliere ad Arcore da Berlusconi e amico di Marcello Dell’Utri (ma questi saranno protagonisti di alcune prossime puntate).

Un giro d’affari pazzesco per quegli anni: sul conto corrente di Antonio Virgilio transitano tra il 28 febbraio del 1980 e il 31 maggio del 1982 operazioni per quasi cinquanta miliardi;

la Rasini ha scontato a Virgilio oltre un miliardo di lire (360 milioni da una gioielleria di piazza di Spagna);

Salvatore Enea, un altro della mafia dei colletti bianchi ha fatto versamenti per 828 milioni di euro.
Questo il mondo che si muove intorno allo sportello di piazza Mercanti.

Va precisato e messo in evidenza che la famiglia Berlusconi non ha più alcun tipo di contatto o legame operativo con la banca a partire dal 1973 quando Luigi si dimette e il conte Rasini cede il comando agli Azzaretto.

In rispetto alla cronaca va anche aggiunto che un incendio distrugge tutti i documenti bancari relativi al periodo antecedente al 1973 (così risulta dalle dichiarazioni dei responsabili della banca nell’ambito del processo Dell’Utri).

A ben vedere, l’unico, a parte Berlusconi, ancora lucido e vivente che conosce i segreti della Banca è Batliner (vedere puntata precedente) che controllando un terzo del capitale sociale dell’istituto è decisivo per ogni scelta.

Non solo: il libro inchiesta di Pinotti e Gumpel ricostruisce il dietro le quinte delle tre fiduciarie del Liechtenstein e arriva ad ipotizzare che

«tre protagonisti della finanza vaticana (Sindona, Calvi e Marcinkus)avrebbero una partecipazione coperta nella Rasini».
Dopo il blitz di San Valentino anche gli Azzaretto decidono che è meglio lasciar fare. Tra l’83 e l ’84 il controllo dell’istituto passa alla famiglia di Nino Rovelli, “re della petrolchimica” sarda, protagonista dello scandalo Imi-Sir.

Le più recenti cronache giudiziarie ci hanno spiegato che uno dei protagonisti di quell’affaire, l’avvocato Cesare Previti (nello staff legale di Berlusconi già dai primi anni settanta), riuscì a corrompere i giudici per far avere ai Rovelli un risarcimento di mille miliardi di lire.
Perché Rovelli, mai stato banchiere, si prende la Rasini?

Chi gli chiede questo favore?

Ancora una volta Pinotti e Gumpel, che a loro volta riprendono un’intervista alla baronessa Cordopatri cliente della Rasini, arrivano ad alcune conclusioni:

dietro la Rasini c’è Giulio Andreotti, già dai tempi degli Azzaretto.
«Certo è - scrivono a proposito dei motivi che hanno convinto i Rovelli prima e la Popolare di Lodi poi a rilevare la banca di piazza Mercanti - che una bancarotta della Rasini non avrebbe giovato a nessuno.

Avrebbe richiamato gli ispettori della Banca d’Italia e creato uno scandalo.

Andava impedito un altro caso Sindona.

Si spiega così il colpo dei Rovelli: salvare una banca amica del Vaticano».

Nel 1992 la Popolare di Lodi assorbe la Rasini.

E il 5 settembre 2003 anche le tre società del Liechtenstein vengono cancellate. Evapora così, prima nel fuoco poi nel nulla, la memoria della banca dei segreti.
(5 - Continua)

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